Il profilo dell’albergo diffuso che emerge dall’ultimo Report realizzato dall’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi è quello di:
una struttura “giovane”, che gestisce camere e appartamenti in 7 edifici vicinissimi tra loro;
una struttura che offre l’esperienza dello stile di vita borghigiano, una proposta destagionalizzata che permette agli Alberghi Diffusi di restare aperti 10 mesi l’anno;
un albergo che punta sulla ristorazione locale;
costituisce un fattore decisivo contro lo spopolamento dei borghi.
L’indagine effettuata dall’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi nel mese di febbraio ’24, presentata all’Open Day degli Alberghi Diffusi in programma a Moricone (Roma) il 17 e 18 marzo, rivela infatti che un quinto degli alberghi diffusi italiani ha avviato la propria attività a partire dal 2019, che in media ogni albergo diffuso coinvolge 7 diversi edifici, si presenta con 19 camere, per un numero medio di posti letto pari a 43 per struttura.
Le case che compongono l’AD sono molto vicine: più esattamente la distanza massima tra l’area accoglienza – dove si trovano anche gli spazi comuni – e la camera più distante, è pari in media a 180 metri. E in questo modo l’ospite respira l’atmosfera di un “albergo che non si costruisce”, e che non crea impatto ambientale.
Dall’indagine emerge inoltre che dopo l’apertura di un Albergo Diffuso, nell’84% dei borghi si è assistito alla nascita di nuovi esercizi commerciali o artigianali, nel 71% dei borghi persone non residenti sono state stimolate ad acquistare casa nel borgo, e nel 77% dei casi sono stati attirati nuovi abitanti; ma soprattutto che – grazie al complesso di servizi che l’Albergo Diffuso offre – ogni due camere di un albergo diffuso si crea un posto di lavoro. Per tutti questi motivi nel 60% dei casi, l’albergo diffuso pone un freno allo spopolamento dei borghi.