“Le nostre aziende stanno veramente morendo, il bonus turismo non può che essere un corollario ma niente di più, ci manca di tutto, stiamo davvero aspettando ormai con estrema impazienza questo nuovo decreto perché abbiamo urgenza per la nostra sopravvivenza di capire quali saranno le misure che il Governo metterà in campo a nostro favore. Il turismo è stato colpito in modo diverso, molto più forte, di qualunque altro settore”. A dirlo all’ANSA è la presidente vicaria di Federturismo Marina Lalli che chiede per le imprese turistiche dei contributi a fondo perduto.
“Un aiuto di liquidità che non dobbiamo restituire – dice – per non essere costretti ad andarsi a indebitare ancora. E’ il primo punto che ci serve per rimetterci in moto. Quando potremo riaprire – continua – lo faremo senza magazzino e senza clienti, con i viaggiatori internazionali (che comunque erano il 51%) che non esistono e con quelli nazionali che dobbiamo capire se possono andare in vacanza, se ce la faranno dal punto vista economico, psicologico, se avranno le ferie… Insomma se riapriremo, dovremo rimettere in ordine le nostre strutture perché abbandonare una struttura turistica per due mesi non è indolore”.
“C’è poi il problema delle sanificazioni: dobbiamo sottolineare – aggiunge la Lalli – la necessità di distinguere fra i concetti di sanificazione e igienizzazione perché per molte aziende, che sono rimaste chiuse senza alcun caso di infezione al proprio interno, crediamo sia più opportuna una pulizia approfondita delle strutture, senza ricorrere ad aziende esterne di sanificazione. Inoltre il settore è già fortemente provato finanziariamente, sarà quindi indispensabile pensare a un sostegno economico da parte dello Stato per sostenere sia le spese di sanificazione che quelle per i dispositivi di protezione personale”.
Lalli spiega anche come Federturismo abbia preparato un documento per la fase 2 che vuole essere una base di discussione per la commissione Colao: “La cosa che ci spaventa molto alla riapertura – dice – è il rischio di trovarci davanti a norme decise da tecnici e da esperti che però non conoscono l’attività giornaliera di una nostra azienda. Magari ci danno delle prescrizioni inutilmente rigide che poi magari fanno lievitare ulteriormente i costi e ci mettono davanti alla impossibilità di svolgere la nostra funzione”.
La Lalli infine mette sul tavolo anche le eventuali responsabilità di cui si dovranno fare carico i datori di lavoro in caso di un malaugurato contagio: “L’articolo 42 del decreto Cura Italia, al comma 2, prevede infatti che se un lavoratore viene contagiato il caso viene iscritto nel registro dell’Inail come infortunio sul lavoro. Quindi nel momento in cui l’Inail riconosce un infortunio sul lavoro al lavoratore, quest’ultimo può rivalersi nei confronti del datore. Riteniamo – spiega – che tale prescrizione possa aprire una pericolosa strada per le aziende, come quelle del turismo, che non sono frequentate solo dai dipendenti ma anche, e in misura maggiore, dai clienti”.