L’analisi delle transazioni per biglietteria aerea effettuate tramite le soluzioni di pagamento AirPlus nel 2022 evidenzia come stiano cambiando le abitudini dei viaggiatori d’affari italiani ed europei.
Queste le principali tendenze destinate a influenzare anche le trasferte di lavoro nel 2023:
Le trasferte di lavoro dei viaggiatori d’affari italiani tendono ad essere più lunghe: nel 2022 la durata media di un viaggio business è stata di 6,9 giorni mentre nel 2019 era di 6,3 giorni. I viaggi in Italia hanno richiesto in media 3 giorni (2019: 2,7 giorni), in Europa 5,4 (2019: 4,8 giorni) e i viaggi intercontinentali in media sono stati di 15,4 giorni (2019: 12,8 giorni).
I viaggi brevi di un giorno, che nel 2019 rappresentavano l’11,3% delle trasferte aeree totali, sono diminuiti significativamente fino a raggiungere il 6,8% nel 2022. Una possibile spiegazione della maggiore durata dei viaggi è da ricercarsi nell’impegno delle aziende a rendere le trasferte più sostenibili: alcune, infatti, scelgono di combinare più appuntamenti di lavoro in un unico viaggio, invece di fare viaggi singoli più brevi.
Con l’allentamento delle restrizioni al viaggio i business travel italiani hanno volato di più in Europa anche rispetto al periodo pre-pandemia (45,5% nel 2022 e 42,4% nel 2019) e meno a livello nazionale (38,9% nel 2022 e 41,1% nel 2019).
Dopo l’allentamento delle restrizioni ai viaggi, la Cina tornerà a riscuotere il favore dei viaggiatori. Nel periodo pre-pandemia, la Cina deteneva il secondo posto fra le destinazioni intercontinentali, subito dopo gli Stati Uniti, ma nel 2022 è stata soppiantata dall’India, mentre gli USA hanno mantenuto la prima posizione.
In Europa, le destinazioni preferite rimangono Germania, Francia e Spagna. Il Regno Unito è rimasto una destinazione importante per i viaggiatori d’affari italiani, nonostante le norme di ingresso ora più complicate in relazione alla Brexit.
Nel 2022 si è assistito ad un aumento generale delle tariffe aeree: il costo dei biglietti con destinazioni nazionali ha registrato un +6,2% rispetto al 2021 (ma un -10% rispetto al 2019), verso destinazioni europee invece la percentuale di incremento del biglietto medio è stata +22% rispetto al 2021 (+4% rispetto al 2019) e per i viaggi intercontinentali l’incremento è stato del 41% rispetto al 2021 (+35,5 rispetto al 2019).
Nel 2022, in Italia, un biglietto di economy è costato in media 455 euro (2019: 438 euro), mentre la business class è costata in media 3.439 euro (2019: 2.882 euro). In Italia i biglietti sono un po‘ meno cari della media europea, dove si è registrato un costo rispettivamente di 510 euro in classe Economy e di 3.606 euro in Business. Tuttavia, da settembre si è osservata una leggera tendenza a livello europeo al ribasso del costo dei biglietti aerei sia in classe economica che in business.
L’utilizzo della classe business si attesta ad un 5,3% sul totale biglietti venduti, dopo un calo nel 2021 (4,1%) e si torna a livelli poco più alti del 2019 (5,1%). Da notare come in Italia si utilizzi meno la classe business rispetto agli altri paesi europei: la percentuale di biglietti business venduti in Europa nel 2022 è infatti del 10,7% sul totale.
Alcune tendenze spiccate e abitudini emerse durante il picco della pandemia sono tornate alla normalità nel 2022. Ad esempio, l’advanced booking dei biglietti è stato di 17,9 giorni, sempre più simile a quello del 2019 (19,1 giorni), dopo che le aziende avevano prenotato con un preavviso molto più breve nel 2021 (13,6 giorni). Gli italiani rimangono comunque ‘late booker’ rispetto ai colleghi europei, che in media prenotano 22,8 giorni prima.
In tutti i Paesi presi in esame, le viaggiatrici hanno prenotato con un leggero anticipo rispetto agli uomini. In Italia, i tempi sono stati di 19 giorni prima della partenza per le donne e di 15,7 giorni per gli uomini.
In Italia, la predominanza maschile nei viaggi d’affari si rivela ancora più schiacciante che a livello medio europeo (82,2% contro il 79,8% del continente). Nel 2022 le viaggiatrici d’affari italiane sono state il 17,2%, una percentuale pressoché identica al 2019, mentre nel 2021 il dato era sceso al 12,7%.