Un forte socio italiano e un partner straniero: ecco quello che cerca il Governo per risolvere la crisi Alitalia. Sul fronte nazionale, il Tesoro cerca un’impresa, in cui l’attuale azionista di riferimento (che ridurrebbe l’attuale 49,9% sino a circa il 25%) possa avere la maggioranza per salvaguardare l’italianità della compagnia. All’estero, invece, si cercano alleati dal medio Oriente o addirittura dell’Estremo Oriente, per garantire i più redditizi collegamenti sul lungo raggio, in particolare con il mercato nord americano e, magari, assicurare rifornimenti di carburante a prezzi non da salasso. Intanto, però, nessuna impresa italiana sembra disposta ad investire nella compagnia mentre i nomi che continuano a circolano sono quelli di De Benedetti, Colaninno e Benetton. Ma Filt Cgil, Fit Cisl, Ugl, Sult, Unione Piloti spingono affinché mercato e imprese prendano il posto del Tesoro, lamentando che negli ultimi dieci anni i governi non sono stati capaci di indicare una strategia industriale per l’Alitalia. Tutti i sindacati chiedono però al governo una convocazione immediata per sapere in quale direzione sta andando sul dossier Alitalia. Forti remore sull’alleanza con Air France-Klm. Le condizioni poste sono considerate troppo punitive (per la riduzione della flotta di lungo raggio e di personale navigante, per l’hub di Malpensa che sarebbe troppo vicino a quello francese di Orly) e l’Alitalia si ridurrebbe ad una compagnia “regionale di lusso”. Così per non diventare l’ancella di Air France, il governo starebbe guardando a Est. Al Medio Oriente, e sembra più in particolare al Kuwait, dove c’è petrolio, mentre Fiumicino e Malpensa potrebbero diventare porta europea verso il ricco mercato degli Usa, o a India e Cina, in un’ottica di salvaguardia del nostro sistema aeroportuale.