Colpi di scena continui continuano ad animare la gara per la privatizzazione di Alitalia. Il fondo statunitense Matlin Patterson, rientrato in gara martedì scorso, è già uscito dalla data room e – secondo quanto si è appreso da fonti vicine al dossier – dovrebbe lasciare definitivamente.
Matlin Patterson, infatti, uscito dalla gara a fine maggio assieme agli altri componenti della cordata, il fondo statunitense Texas Pacific Group e Mediobanca, non può presentare un’offerta autonoma perché non ha il requisito dell’italianità (uno fra quelli indicati dal Tesoro nel bando) e ha confermato l’appartenenza alla propria cordata, escludendo, così, un eventuale aggregazione alle due rimaste in corsa: da un lato Ap Holding che fa capo al patron di Air One di Carlo Toto supportato da Intesa, che sperano che altri finanziatori si affianchino (Mps sta valutando il proprio ingresso), e dall’altro Aeroflot e Unicredit. Peraltro, sembra vanificarsi l’ipotesi che Ap Holding e Aeroflot possano unirsi. “Non siamo interessati alla collaborazione con Air One” ha fatto sapere il vice amministratore delegato di Aeroflot, Lev Kohlyakov. Non si è fatta attendere la risposta di Air One: “Non ci sono mai stati contatti né diretti né indiretti con Aeroflot, né è mai stata ipotizzata la possibilità di presentare una proposta congiunta per la gara di privatizzazione di Alitalia”.