Le compagnie aeree alla fine del 2007 raggiungeranno quota cinque miliardi di profitti. La previsione è stata annunciata ieri dal direttore generale e Ceo della Iata, Giovanni Bisignani, durante la sua relazione all’annuale meeting dei vettori aerei di tutto il mondo a Vancouver. A fine 2006, il settore ha invece registrato una perdita netta di 0,5 miliardi di dollari. Tuttavia, ha aggiunto Bisignani, “queste sono noccioline, per un industria da 470 miliardi di dollari. Noi abbiamo bisogno di almeno 40 miliardi di utile netto, per coprire i costi di capitale”. “Rispetto a 5 anni fa, oggi siamo in un altro mondo – ha detto ancora il numero uno della Iata – allora pagavamo il petrolio 20 dollari al barile, mentre oggi ne costa circa 70, e il settore delle compagnie low cost che copre il 13% del globale delle attività, rappresenta per noi nuove sfide”. L’altra sfida sono le restrizioni ambientali, ha ripetuto Bisignani. Ma l’industria del trasporto aereo si reputa scagionata dall’accusa di inquinamento, considerando che le emissioni nocive sono state ridotte del 75% e al contempo è stata migliorata anche l’efficienza del carburante del 70%, rispetto agli aerei di 30 anni fa. Intanto, però, aeroporti e costi infrastrutturali restano nel mirino della Iata: nel 2006 tale voce ha sommato 1,9 miliardi di costi, dei quali 863 milioni per tasse aeroportuali. I providers degli scali continuano a fare profitti ed erodono circa l’11% dei ricavi dell’industria aerea. A ciò vanno aggiunte le spese per mettere in security l’intero sistema dopo l’11 settembre: ogni anno i vettori spendono 5,6 miliardi per misure di security aggiuntive. Infine, Bisignani ha fatta anche un cenno su Alitalia, grande assente al tavolo delle majors: “Tra le grandi è quella che perde di più, in un mercato europeo che invece cresce”.