L'Italia non garantisce l'indipendenza del gestore della rete ferroviaria, venendo meno al rispetto delle norme europee. Rfi, parte del gruppo Fs e incaricata del calcolo dei pedaggi di accesso alla rete ferroviaria, è vincolata infatti alle tariffe stabilite dal ministero dei Trasporti. Non ci sono invece elementi che dimostrino, a differenza di quanto contestato da Bruxelles, la mancanza di indipendenza dell'organismo di regolamentazione, l'Ursf, anche se rientra sotto lo stesso ministero. Sono le conclusioni a cui è giunta la Corte europea di giustizia, nell'ambito di una sentenza che si inserisce in una serie di ricorsi promossi dalla Commissione Ue nei confronti di diversi stati membri (dalla Francia alla Germania) per il mancato rispetto degli obblighi Ue nel settore ferroviario.
La questione non è però sull'indipendenza del gestore dell'infrastruttura Rfi all'interno della holding Ferrovie dello Stato Italiane. Questa, infatti, sottolineano da Fs, è già stata riconosciuta come conforme alle direttive comunitarie, al punto che la stessa Commissione Ue aveva ritirato la sua censura nei confronti dell'Italia già nell'udienza della Corte dello scorso 11 aprile.
L'Italia, però, secondo l'ad di Fs Mauro Moretti, grazie alla costituzione della nuova Autorità per i trasporti "esce molto bene" dal ricorso a Lussemburgo. "Con questa sentenza – spiega – la Corte stabilisce che il pedaggio ferroviario non può essere il Governo a definirlo", un problema che però questo "sta superando perché sta già dentro ai compiti dell'Autorità dei Trasporti".
In effetti la Corte Ue ha riconosciuto che le autorità italiane ''hanno inciso sulla costituzione dell'organismo di regolamentazione e hanno ridefinito progressivamente la sua autonomia organizzativa e contabile'' e, tra l'altro, secondo la direttiva Ue, l'organismo di regolamentazione può essere il ministero dei Trasporti.