Stop agli impianti da sci in attesa delle mosse delle Regioni

Solo gli sciatori professionisti potranno utilizzare gli impianti sciistici per allenarsi. Per tutti gli altri niente da fare. Da oggi, secondo quanto ha stabilito l’ultimo Dpcm di Palazzo Chigi, sulle piste non si va in attesa che le Regioni si organizzino meglio – dopo le immagini degli affollamenti degli ultimi giorni a Cervinia – e garantiscano il distanziamento per accedere ai mezzi di risalita e una volta a bordo.

Protesta l’Anef, sigla che raggruppa gli imprenditori delle funivie del Trentino, che denuncia il rischio di tracollo per l’economia della montagna, in molte località strettamente legata al turismo. Il giorno dopo a Cervinia si è corso ai ripari con la ticketteria online che ha eliminato le code, ma ormai la frittata è fatta. Il governo vuole regole contro resse e maxicode, tanto più che in Valle d’Aosta c’è l’indice di contagio più alto d’Italia, arrivato due giorni fa a a quota 2,37 contro una media italiana di 1,50 già allarmante.

Dunque gli impianti torneranno aperti agli sciatori amatoriali – queste le condizioni poste dal Dpcm – “solo subordinatamente all’adozione di opportune linee guida da parte della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e validate dal Comitato tecnico scientifico, rivolte ad evitare aggregazioni di persone e, in genere, assembramenti”.

“Gli impianti di risalita vanno parificati al trasporto pubblico locale. La loro chiusura – dice Elmar Pichler Rolle, vicepresidente di Anef – rappresenterebbe un duro colpo per molte zone di montagna, che sopravvivono solo grazie al turismo e non hanno altri introiti. Se chiudono gli impianti, chiudono anche gli alberghi e l’economia in questi paesi si ferma”.

“Le sciovie e seggiovie non rappresentano nessun problema perché sono all’aria aperta. Nelle cabinovie e seggiovie il distanziamento, come anche sugli autobus, ovviamente non può essere garantito, ma vige l’assoluto obbligo di mascherina e i tempi di percorrenza sono brevissimi, ben sotto i dieci minuti”, prosegue Pichler Rolle.

“La seconda ondata di contagi di certo non può essere attribuita ai centri sciistici perché erano ancora chiusi. Lo sci è uno sport all’aria aperta, non può essere trattato allo stesso modo di palestre e piscine”, aggiunge il vicepresidente dell’Anef.

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