Folla sull’Everest, morti 10 scalatori in pochi giorni

Primavera nera sull’Everest. A pochi giorni dall’inizio della stagione più amata dagli scalatori sono già dieci quelli che hanno perso la vita sul tetto del mondo a causa di malori legati all’altitudine. E montano le polemiche sullo sfruttamento della montagna da parte delle autorità del Nepal dopo la pubblicazione su Instagram di una foto postata da Nirmal Purja, diventata presto virale, che ritrae oltre 300 scalatori in coda per raggiungere la vetta accedendo un faro sui pericoli del traffico ad alta quota.

C’è chi punta il dito contro le autorità nepalesi per aver rilasciato troppi permessi per la bella stagione provocando un sovraffollamento dei sentieri e rendendo quindi ancor più difficile l’ascesa con file lunghe fino a due ore. Secondo gli esperti, ad un’altezza di 8.848, in ogni respiro c’è un terzo dell’ossigeno rispetto a quello che si trova al livello del mare. Il corpo umano, inoltre, si deteriora più rapidamente e può sopravvivere a quelle altitudini solo pochi minuti.

Accuse che il capo dell’ufficio del turismo nepalese Danduraj Ghimire ha rispedito al mittente definendo “senza senso” le voci secondo le quali tra le cause di morte degli scalatori potrebbe esserci il sovraffollamento della cima e i tempi lunghissimi per raggiungere la vetta. Ma i numeri parlano chiaro: da fine aprile, inizio della stagione primaverile per le scalate, sono stati venduti ben 381 permessi al prezzo di 11.000 dollari l’uno. Inoltre le cattive condizioni del tempo hanno reso la finestra di possibilità per le scalate ancora più limitata, causando una concentrazione di partenza in questi giorni.

E comunque morire sull’Everest non è inusuale. Dal 2016 al 2018 si sono contate 17 vittime tra gli scalatori.

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