Oggi, Dubai è turismo di lusso, di fiere, di convegni e conferenze internazionali, di investimenti (i principali acquirenti sono inglesi, russi, americani e anche italiani) che si devono per lo più alle risorse del Governo locale, ma che arrivano anche da Australia, India, Pakistan, Inghilterra e Sudamerica. Vanno avanti progetti che possono sembrare impossibili e surreali: The Palm Island e The World (dove si può acquistare solo su invito del Governo; il proprietario della Virgin ha comprato l’Inghilterra), zone residenziali costruite su isole artificiali e collegate con ponti. Nel 1991 i turisti erano stati un milione, nel 2006 sono stati sei milioni e mezzo; nel 2000 erano stati 24 milioni i passeggeri transitati dall’aeroporto, nel 2008 saranno 70 milioni. I numeri dicono tutto.
Una città che vuole essere prima in ogni cosa: con la torre-grattacielo più alta del mondo, Burj Dubai, 950 metri d’altezza; con l’Atlantis, hotel extralusso piazzato in mezzo al mare con 539 camere, in una delle palme in costruzione; con Media city, la cittadella dell’informazione che è zona franca come Internet city, la cittadella della tecnologia. E in fase di realizzazione ci sono decine di altre iniziative che faranno di Dubai, che prima era solo una lingua di deserto, una delle capitali mondiali, una delle destinazioni più appetibili ai turisti che vogliono sognare. Anche italiani, grazie a Kenobi Club che sulla città degli Emirati Arabi punta anche per l’anno prossimo.