La sindrome da rientro colpisce sempre meno italiani

Le cause? Ferie più corte e destinazioni esotiche più familiari

Sempre meno gli italiani soffrono della “sindrome da rientro”. Lo rende Walter Pasini, direttore del Centro collaboratore dell’Organizzazione mondiale della Sanità per la Medicina del turismo, riferendo i risultati di uno studio iniziato nel 1988 su quel complesso di sintomi di natura ansioso-depressiva che può colpire al ritorno dalle vacanze e che si manifesta con stanchezza, astenia, sudorazione, irritabilità, paura di essere inadeguati ai compiti più semplici, disturbi del sonno e paura del futuro. “Il minor nuemnro di casi – spiega Pasini – è dovuto probabilmente al fatto che la durata delle ferie si è accorciata e che si scelgono con meno frequenza destinazioni esotiche o che queste stanno diventando familiari ai turisti nostrani”. Il disagio dura solitamente qualche giorno ma può perdurare per oltre un mese, in quanto, continua Pasini, “solitamente più è lunga la vacanza e più è diversa rispetto alle normali attività, maggiore è lo sforzo per recuperare l’efficienza lavorativa”. Ad accentuare la sindrome, secondo Pasini, ci sono poi alcuni fattori come la frustrazione e la delusione derivate dal non aver raggiunto appieno gli obiettivi del viaggio, la difficoltà di adattamento che la vacanza stessa aveva comportato e la fatica a essa connessa, le lunghe code e lo stress della guida. Come antidoto, allora, “è necessario darsi tempo per recuperare la forma e l’efficienza psico-fisica e non sovraccaricarsi di lavoro nei primi giorni dopo il rientro, quindi bisogna concedersi le necessarie ore di riposo notturno e concentrarsi su pensieri positivi sulle opportunità dei prossimi mesi”.

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