E' tramontata l'ipotesi del diritto di superficie per 90 anni per le spiagge date in concessione ai privati. Dopo le polemiche dei giorni scorsi e le critiche anche da parte dell'Ue, il governo è stato costretto a modificare il termine delle concessioni, riducendo drasticamente a vent'anni la durata di 90 anni inizialmente prevista. Il Quirinale aveva chiesto che il termine fosse riconsiderato. Così il testo è stato modificato e il termine di 20 anni dovrebbe comparire nell'ultima versione del decreto, la cui pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è attesa per stasera.
"Avremmo preferito che il diritto di superficie potesse avere una durata ancora superiore a quello previsto nella versione firmata oggi dal Capo dello Stato, proprio come nella prima formulazione del testo – ha commentato a caldo il ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla – ma non possiamo che accogliere le modifiche richieste dal Quirinale, con la certezza che vent'anni rappresentino comunque una notevole prospettiva ed un indubbio miglioramento rispetto all'incerta situazione attuale".
Secondo Fai e Wwf c'è però un rischio nascosto nel decreto sviluppo: scadute le future concessioni, il Demanio sarà costretto a "comprare" le strutture edificate sul suolo pubblico.
"L'inghippo – sostengono le due associazioni – della trasformazione del diritto di concessione in diritto di superficie mette a rischio cementificazione le spiagge. Si vuole infatti separare la proprietà del terreno da quello che viene edificato e questo significa garantire ai privati la proprietà degli immobili, già realizzati o futuri sul demanio marittimo".