In fumo 18 miliardi di spesa turistica e 143 mln di presenze in Italia

Un crollo rovinoso e doloroso per imprese e lavoratori, che peserà in modo più deciso su sei regioni ma che farà danni a tutte. Si fa sempre più chiaro e netto il vulnus che i blocchi e le limitazioni messe in campo per arginare la diffusione del coronavirus stanno facendo al turismo italiano. Nel 2020 – secondo uno studio di Demoskopika – potrebbero andare in fumo 18 miliardi di spesa turistica: 9,2 miliardi per la contrazione dell’incoming e 8,8 miliardi per la rinuncia alla vacanze degli italiani nel Bel Paese. Il 70%, pari a 12,6 miliardi di euro, sarebbe concentrata in sei sistemi regionali: Veneto, Lombardia, Toscana, Lazio, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige.

La contrazione del consumo totale di beni e servizi sarebbe diretta conseguenza della riduzione di 29 milioni di arrivi che genererebbe, a sua volta, ben 143 milioni di presenze in meno con una flessione rispettivamente pari al 22,1% e al 34,2% rispetto al 2019.

Una stima – precisa – assolutamente per difetto se si considera che, a differenza dell’incoming, il calcolo del calo della spesa e dei flussi turistici, relativo alla sola componente italiana, è circoscritto esclusivamente al periodo pasquale e ai mesi più tradizionali del periodo estivo: luglio e agosto, ipotizzando uno scenario di graduale ripresa a partire dal prossimo mese di giugno.

“L’anno 2020 – dichiara il presidente dell’Istituto Demoskopika, Raffaele Rio – potrebbe essere il peggiore dal 1994. Serve rilevare, regione per regione, la massa critica del danno per innestare liquidità al comparto, salvaguardare i livelli occupazionali oltre a pianificare una imponente campagna di promozione delle destinazioni turistiche. Perché quando tutto sarà finito, l’Italia dovrà essere pronta. Altrimenti sarà una Waterloo per il nostro sistema turistico”.

Per quanto riguarda gli stranieri l’emergenza potrebbe generare un segno negativo con una contrazione della spesa in “viaggi e vacanze” di ben 9,2 miliardi di euro, pari circa al 9,7% del prodotto interno lordo del settore e una riduzione degli arrivi, quantificata in 15 milioni di turisti, che genererebbero, a loro volta, ben 52 milioni di presenze in meno rispetto al 2018. La contrazione più rilevante si registrerebbe in Germania: -2,8 milioni di arrivi e -13,3 milioni di presenze. A seguire, Stati Uniti con una contrazione pari a 1,4 milioni di arrivi e 3,6 milioni di presenze; Francia con una riduzione pari a 1,1 milioni di arrivi e 3,4 milioni di presenze. Rilevanti anche le possibili rinunce alla vacanza italiana per britannici e cinesi quantificabili rispettivamente in 908 mila arrivi e 3,3 milioni di presenze per i primi e in 790 mila arrivi e 1,3 milioni di presenze per i secondi. Sul versante della spesa turistica dagli Stati Uniti si registrerebbero 1.694 milioni di euro in meno, dalla Germania 1.253 milioni e dalla Cina 1.240 milioni.

Per quanto riguarda i connazionali almeno uno su tre avrebbe deciso di rinunciare a trascorrere fuori casa le prossime vacanze estive. Sarebbero infatti almeno 14 milioni i cittadini che, al netto di un’ulteriore proroga dei provvedimenti restrittivi, avrebbero, comunque, già deciso di non trascorrere più le vacanze “sotto l’ombrellone”. Un tasso di rinuncia che si ripercuoterebbe sul sistema turistico con una contrazione della voce “viaggi e tempo libero” di circa 5,8 miliardi di euro a cui si aggiungono poco più di 3 miliardi di perdita calcolata per le festività pasquali.

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