L’Iraq torna in pista e punta sul turismo culturale

Dopo 30 anni di guerra, una nuova sfida per il Paese arabo

Dopo tre decenni di guerra e terrorismo, l’Iraq riparte dal turismo. La scorsa settimana circa 200 tra operatori turistici, albergatori e funzionari pubblici si sono riuniti a Baghdad per mettere a punto le strategie di rilancio di quello che una volta era uno dei settori trainanti dell’economia del Paese. E che oggi, invece, può contare solo su un certo tipo di turismo religioso. Circa il 95% dei turisti infatti sono pellegrini iraniani, seguiti da britannici. “Dai Paesi europei sono arrivati durante l’anno circa 5.000 turisti – sottolinea il direttore dell’Ufficio turistico iracheno, Hamood Massam Yakouki – gruppi da Germania, Ucraina ma soprattutto da Londra. Si tratta di turismo religioso diretto nei mausolei, per cui solitamente trascorrono tre giorni a Najaf e quattro a Karbala”.
La nuova sfida, adesso, è conquistare un turismo diverso, fatto di viaggiatori indipendenti che guardano all’Iraq come al luogo della nascita della civiltà, come accedeva prima della guerra Iraq-Iran, quando era enormemente popolare come meta turistica in Giappone, Francia e Germania.
Ma 30 anni di guerra non hanno risparmiato neppure i tesori iracheni. Come il mausoleo al Askari a Samarra, in via di ristrutturazione dopo un attentato del 2006, o il Museo archeologico di Baghdad, saccheggiato subito dopo l’entrata nella capitale delle truppe americane, o il sito di Babilonia, danneggiato dai militari statunitensi. Eppure non mancano i primi segnali di rinnovamento, come l’apertura dell’aeroporto internazionale di Najaf, che faciliterà l’arrivo nella città santa sciita di migliaia di pellegrini o l’inizio dei lavori di ristrutturazione in hotel come lo Sheraton, il Palestine, e il Babylon. Dal canto suo, il ministero si dice pronto ad avviare strategie e partnership con i tour operator stranieri.
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