La sinergia turismo, beni culturali e agricoltura, auspicata dalla nuova giunta Crocetta, è stata al centro dell’incontro promosso da Intesa Sanpaolo in occasione delle Giornate dell’Economia, il tradizionale appuntamento promosso dalla Fondazione Curella, in programma in questi giorni a Palermo anche in vista dell’Expo di Milano del 2015.
L’evento è certamente la più immediata e tangibile occasione per riavviare il volano dell’economia del Paese ed è certamente una grande occasione anche per la Sicilia.
Da queste basi parte lo studio presentato da Salvio Capasso, responsabile Ufficio Economia delle Imprese di SRM (Studi e Ricerche Mezzogiorno, centro studi collegalo al Gruppo Intesa Sanpaolo), che fornisce una vista complessiva del settore agroalimentare locale e meridionale, analizzandone le possibili sinergie economiche con il turismo ed i beni culturali.
Questi, in sintesi, i dati contenuti nel report: la Sicilia sfiora i 3,7 mld di Valore Aggiunto (agricoltura + industria alimentare) per un importo pari al 4,8% del totale dell’economia regionale, al di sopra dell’Italia (3,8%). Le imprese attive al 2014 sono 88.986 pari al 24% del totale imprese della regione. In termini di scambi commerciali, la Sicilia ha esportato a giugno 2014 circa 500 milioni di euro con un saldo commerciale positivo (+138mln di euro), mentre quello nazionale è negativo. Inoltre, la Sicilia è terra di eccellenze. Con 235 prodotti agroalimentari tradizionali (pari al 5% del totale Italia), si posiziona al terzo posto nel Mezzogiorno.
Le eccellenti risorse eno-gastronomiche della Sicilia sono elemento di potenziale attivazione di ricchezza anche nel settore turistico, comparto in crescita attirando peraltro sempre più la domanda internazionale. L’offerta turistica che si crea sui prodotti enogastronomici è sempre più vasta andando incontro alle nuove esigenze ‘esperienziali’ dei turisti: aziende agricole visitabili, cantine visitabili, ristoranti tipici e agriturismo, enoteche e vie del vino.
Il valore dell’agroalimentare va quindi oltre la qualità dei prodotti e la forza della sua filiera produttiva. Esso rappresenta, infatti, anche un fattore ‘moltiplicativo’ di ricchezza.
In particolare per il sistema alberghiero i numeri attestano una domanda di 4,4 milioni di arrivi (quasi ¼ del Mezzogiorno) di cui circa il 50% è composto da stranieri. La domanda turistica confluisce nel sistema alberghiero per l’84,4% degli arrivi (82,4% Sud; 79,7% Italia) e l’83,0% delle presenze (73,7% Sud; 79,7% Italia). Si concentra principalmente nelle strutture alberghiere a 4 e 5 stelle, con un’incidenza degli arrivi pari quasi al 60%, ed al di sopra delle altre aree geografiche. Di fronte ad una tale esigenza, si riscontra una struttura dell’offerta alberghiera di qualità. Tale domanda turistica si lega ad un patrimonio culturale elevato: rilevante è il peso degli arrivi presso le località di interesse storico e artistico della regione sul dato meridionale (41%) e la ricchezza dell’offerta è vastissima: nell’isola insistono 7 parchi archeologici, 37 musei, 80 siti archeologici e monumentali.
L’agroalimentare non va quindi considerato soltanto per il valore insito nella sua filiera, ma può contribuire a valorizzare ulteriormente il turismo. In Italia ad esempio per ogni presenza aggiuntiva il turismo enogastronomico genera 119,4 euro di Pil, valore superiore a quanto generato ad esempio dal turismo culturale (105,4 euro) e da quello balneare (83,8 euro).