La silenziosa morte del Parco dei Monti Sicani sembra non interessare nessuno

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una nota firmata da Giuseppe Mazzotta, presidente WWF o.a. Sicilia Area Mediterranea, e da Pietro Ciulla, presidente WWF o.a. Sicilia Nord Occidentale, sulla triste fine del Parco dei Monti Sicani, avvenuta nel silenzio più totale, con gravi ripercussioni sull’area che punta sul turismo relazionale ed esperienziale e che invece sembra costretta a perdere un importante volano di sviluppo economico e sostenibile..

Era il settembre del 2010 quando si istituiva per la prima volta il Parco dei Monti Sicani, prima volta perché dal 2010 al 2019 il Parco è stato istituito e de-istituito per ben tre volte dal TAR Sicilia a causa, si dice, di una cattiva perimetrazione dell’area dello stesso.

 

Il Parco dei Monti Sicani comprende, o dovremmo dire “comprendeva”, un’area di 43.687 ettari suddivisa tra 12 comuni a cavallo delle province di Palermo e Agrigento: Bivona, Burgio, Cammarata, Castronovo di Sicilia, Chiusa Sclafani, Contessa Entellina, Giuliana, Palazzo Adriano, Prizzi, S. Giovanni Gemini, S. Stefano Quisquina, Sambuca di Sicilia.

 

Il complesso di entità della flora, così come le associazioni vegetali e la vastità complessiva delle foreste (circa 20.000 ha) fanno del territorio del Parco dei Monti Sicani una straordinaria riserva di biodiversità, essendovi presenti non solo gli habitat tipici delle aree dal clima Mediterraneo-temperato, ma anche, un vasto contingente di specie vegetali più spiccatamente montane, tipiche di ambiti più umidi e freschi.

 

Siamo nel dicembre 2014 quando l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente riceve il terzo avallo dalla Commissione Ambiente e dal CRPPN per la terza re-istituzione del Parco.

 

Sembra sia la volta buona, perché viene nominato il commissario e nel mese successivo viene assegnata una delle due sedi ufficiali del resuscitato Parco dei Monti Sicani a Palazzo Adriano.

 

Dal 2014 al 2019, viene lanciato il marchio “Parco dei Monti Sicani” per la promozione territoriale e nel 2018, quando viene nominato commissario Luca Gazzara, sono stati attivati diversi filoni di ricerca tra cui una sul tartufo e un’altra sui geositi, nonché dei protocolli d’intesa con il dipartimento di Agraria dell’Università di Palermo e con l’Orto Botanico.

 

Inoltre, sono stati ottenuti 500mila euro per il ripristino ambientale nelle zone danneggiate dagli incendi e un altro milione e mezzo è legato ad altri progetti che potrebbero a breve sbloccarsi.

 

Tutte queste risorse rischiano di sfumare a causa del recente annullamento, il terzo per l’esattezza, avvenuto il 23 luglio 2019.

 

La motivazione? La delibera con cui è stato fondato il Parco nel 2014 è incostituzionale, all’interno del perimetro del Parco ricadono delle cave di estrazione di inerti, i cui interessi economici collimano, ovviamente, con quelli del Parco: i proprietari hanno fatto ricorso e hanno vinto. A questo si aggiungono anche alcuni coltivatori di aree seminative e perché no, le associazioni di cacciatori. Tutto questo è accaduto nel silenzio più totale, senza che ne parlino né gli addetti ai lavori, né altri, e l’area che punta sul turismo relazionale ed esperienziale, perde un volano di sviluppo economico e sostenibile.

 

La vicenda si conclude con la ricostituzione delle riserve naturali orientate di monte Cammarata, monte Carcaci, monti di Palazzo Adriano e Valle del Sosio, monte Genuardo e Santa Maria del Bosco per garantire la tutela del grosso patrimonio arboreo e naturalistico esistente.

 

La soluzione: la riperimetrazione dell’area di cui si dovrebbe occupare l’Ente Gestore… ma adesso l’Ente Gestore non esiste più, con la beffa che, mentre la Sicilia brucia, la Regione risponde agli appelli per il Climate Change rinunciando, di fatto, ai fondi ottenuti dal Parco per riforestare aree già incendiate”.

 

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