Rosano: le Frecce tricolori sfrecciano a Comiso mentre Fontanarossa è chiuso

Riceviamo e pubblichiamo la nota di Giuseppe Rosano, presidente Noi albergatori Siracusa, sulla situazione del turismo nella Sicilia orientale che sta subendo pesanti disagi per la chiusura di Fontanarossa.

Doveva essere, e chissà se lo sarà ancora, un anno record per il turismo siciliano ed è bastato l’incendio all’aeroporto di Catania per rimettere tutto in discussione e fare emergere tutta la fragilità dell’Isola.

È ancora presto per catalogare la rovinosa immagine negativa e la disastrosa reputazione che la Sicilia sta veicolando a livello internazionale a causa dei numerosi disagi sofferti dai viaggiatori per non aver saputo affrontare con la dovuta urgenza l’emergenza incendio, offrendo ai viaggiatori ammassati in ogni dove una raffigurazione da terzo mondo.

Disagi patiti anche dai siciliani ma, come sempre avviene in questi contesti, noi isolani con innato istinto, dopo esserci lagnati sottovoce, siamo pronti a sottometterci e a rassegnarci a qualsiasi evenienza. Anzi facciamo festa, dando vita, nell’area dell’aeroporto di Comiso, all’esibizione delle Frecce tricolori. Proprio in quell’aeroporto che, in codesta occasione, sarebbe stato di grande utilità per affrontare la crisi e che invece non sappiamo, a tutt’oggi, se identificarlo come un vero scalo oppure per quello che è: meta di diportisti. A Comiso, in questi giorni, sono venute a galla le carenze gestionali affidate alla Sac, gestore dell’aeroporto di Catania che, tenendolo sotto scopa, non ha nessun interesse a incrementare decolli e atterraggi per le diverse destinazioni italiane e internazionali.

L’aspetto strabiliante è la totale assenza di comunicazione e l’incapacità di soluzioni che si sarebbero dovute assumere con rapidità. E invece sono stati proposti sconcertanti rimedi, quali gli scali di Palermo (a tempo determinato) e Trapani, su cui il Governo regionale ha messo a disposizione (insufficienti) pullman e treni (pensa, pensa, gratuiti), senza considerare che, in treno, per raggiungere Catania ci voglio da 10/11 ore e in pullman 4/5 ore: un’insalata di maldestri antidoti. Latitanti gli assessore regionale al Turismo e alle Infrastrutture e Mobilità che avrebbero dovuto scendere in campo – da subito – per fronteggiare la situazione di caos nel disastrato aeroporto di Catania per garantire adeguata assistenza ai numerosi viaggiatori furiosi per la cattiva gestione degli arrivi e partenze. Sarebbe bastato istituire prontamente un desk informazioni sul calvario dei voli in arrivo e in partenza.

In queste situazioni carsiche che affiorano sistematicamente in Sicilia, ancora non è dato sapere quando lo scalo di Catania riprenderà la piena attività. L’unica certezza, al momento, sono le numerose cancellazioni di prenotazioni che albergatori, assieme al comparto turistico siciliano, stanno subendo, registrando una notevole perdita di ricavi per i mancati arrivi dei viaggiatori. Tanto che si sta già pensando a un’istanza di risarcimento dei danni provocati.

Un’altra certezza è che la nostra Sicilia a livello di infrastrutture ferroviarie, stradali e autostradali è ancora all’età della pietra e nessuna speranza all’orizzonte potrà far mutare l’attuale andazzo.

L’avventatezza scivolata dalla bocca del ministro Musumeci, ex governatore della Sicilia, il quale propone di deliberare una regia unica per la gestione degli aeroporti siciliani, è una vera follia. Una proposta tutta dal sapore “politico”. Sarebbe utile ricordare a Musumeci che la giusta soluzione è quella di mettere in concorrenza gli aeroporti siciliani al fine di sfidarsi per accaparrarsi il meglio del transito aereo da e per la Sicilia.

L’alternativa? Data la persistente incapacità dimostrata, vendere a privati la gestione di tutti gli aeroporti siciliani. Solo così, come avvenuto con successo a Napoli Capodichino, gestito da una società inglese che ha stravolto in positivo la gestione aeroportuale, si potranno soddisfare aspettative ed esigenze dei viaggiatori.

Ma questa gestione non piacerà di sicuro ai politici nostrani, i quali non avrebbero più la possibilità di inzuppare la brioche dentro al cappuccino”.

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