150 strutture in tutta Italia, 15 mila posti di lavoro e un fatturato di 300 milioni di euro entro dieci anni. Sono ambiziosi gli obiettivi del progetto Hotel della Cultura, promosso da Ance e Civita con Arcus e presentato ieri a Palermo, che punta a coinvolgere i flussi di domanda più sensibili alla fruizione dei beni culturali con un network di hotel in strutture di pregio storico e con precisi standard di qualità. Intanto si parte con 4 progetti pilota, Cavallerizza Reale a Torino, Caserma Monti a Forlì, Villa Favorita a Ercolano e Collegio dei Gesuiti a Noto prima di passare alla fase successiva del progetto che prevede l’implementazione di altre strutture sull’intero territorio nazionale.
“Un Paese come l’Italia – ha sottolineato Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi – con le sue peculiarità ed eccellenze, deve per forza puntare sul turismo che valorizza quello di cui il territorio dispone, che non delocalizza, che dà occupazione nel nostro Paese. Oggi il mondo sta attraversando una crisi internazionale ma quando ripartiremo ci ritroveremo con una ruota sgonfia rispetto ai nostri diretti concorrenti. Per due motivi: per il ritardo infrastrutturale e per lo svantaggio fiscale. Per questo – ha continuato – dobbiamo inventarci qualcosa di diverso. Basta con il turismo in generale, oggi non esiste più. Dobbiamo giocare su quello che gli altri non hanno, che non ci possono copiare. Per questa ragione il turismo culturale va bene, perché nessun Paese al mondo ha un patrimonio come il nostro. E’ per questo – ha concluso Bocca – che sin da subito Federalberghi ha aderito al progetto Hotel della Cultura, perché crede in un progetto fatto da un network di alberghi che giochino sul concetto di cultura, per localizzazione, caratteristiche della struttura ma soprattutto per i servizi particolare che può offrire all’ospite”.
A frenare gli entusiasmi, però, ci ha pensato Josep Ejarque, amministratore delegato Four Tourism: “Il progetto è interessante ma deve approfondire il concetto di prodotto. Attenti a non fare una proposta che il mercato non vuole acquistare. L’albergo ha bisogno della destinazione, è un servizio, il prodotto turistico è la destinazione non l’albergo”. Quindi Ejarque ha ricordato che il modello è già molto sviluppato in Europa (i Paradores spagnoli o le Pousades portoghesi), tanto da essere superato oggi dagli alberghi del vino e dagli alberghi museo. “Ma due modelli potrebbero avere successo: uno è l’hotel experience destination in cui è l’hotel stesso che diventa destinazione grazie al fatto che riesce a sviluppare un prodotto esperienzale per un target di lusso, per un turista che ha già visto tutto. L’altro modello è quello dei Paradores, con una società che gestisce gli edifici patrimonio dello Stato in località con ancora pochi turisti e prezzi aggressivi”.