In Sicilia è evidente una disomogeneità da parte delle diverse province nel “convertire” gli arrivi sul territorio in visitatori di siti culturali. Le province più efficaci sono Agrigento, Trapani, Siracusa e, parzialmente, Enna. In sintesi, il peso dell’industria turistica siciliana sull’economia complessiva si pone al di sotto di quella nazionale e dei principali player internazionali, per non parlare del gruppo competitivo dei paesi mediterranei limitrofi. Il dato è emerso durante il workshop internazionale organizzato da Class Editori al Kempinski Grand Hotel di Mazara del Vallo. Per Giacomo Carlo Neri, partner della PricewaterhouseCoopers, “è evidente e critica la difficoltà da parte sia dell’Italia che della Regione Siciliana, di estrarre valore economico dal suo principale vantaggio competitivo caratterizzato da arte, cultura ed enogastronomia. Ad esempio – ha spiegato Neri – il rapporto tra ricavi da merchandising museale e siti Unesco è per la Sicilia notevolmente inferiore a quello di altri paesi”. In Francia l’indice di ritorno economico del merchandising museale è più che triplo rispetto alla Sicilia, in Inghilterra è sei volte tanto, mentre in Usa è quasi 15 volte superiore al dato siciliano. Altro dato che sottolinea lo studio è la carenza infrastrutturale “particolarmente penalizzante – aggiunge Neri – ai fini della valorizzazione e dello sviluppo del patrimonio del territorio anche a fini turistici”. Solo tre province siciliane (Messina, Trapani e Palermo) hanno un indice superiore alla media nazionale in termini di rete stradale e di strutture aeroportuali. Ragusa è invece fanalino di coda.