L’emergenza Covid ha trasformato Piazza San Marco in uno scenario surreale. Le luminarie natalizie sono ancora appese, ma le serrande dei negozi sotto le Procuratie Vecchie sono tutte abbassate.
“Tanti negozi storici, soprattutto qui in Piazza San Marco, hanno chiuso e non riapriranno più – spiega Alberto Nardi, uno dei gioiellieri sotto le Procuratie Nuove – E’ un impoverimento perché le attività storiche, come altri patrimoni artistici, sono un bene della città. Veder chiudere negozi che erano qui da cinquant’anni non ci lascia indifferenti e penso si debba assolutamente pensare a dei ristori più concreti, che aiutino a superare i prossimi due-tre mesi che rischiano di essere i più difficili. L’evidenza dei fatti – prosegue – è di fronte a noi, la dimostrazione plastica di una situazione drammatica che ormai perdura da oltre un anno. A differenza di altre città, Venezia ha subito l’alluvione del 12 novembre, e da lì una serie di eventi negativi culminati con la pandemia. La città ha sviluppato una forma economica legata solamente al turismo di massa. E’ stato un grande errore. Andrebbe pensato un nuovo modello – aggiunge Nardi – non essere solo un palcoscenico dove, uso un paradosso, si paga un biglietto per entrare al mattino ed uscire alla sera”.
I caffè storici di San Marco, con i tavolini accatastati sotto il campanile, hanno deposto le armi prima delle chiusure obbligate dalla zona arancione. Senza turismo, inutile aprire per i pochi residenti. Chiusi Palazzo Ducale, il Correr e la Biblioteca Marciana, l’ultimo ‘rifugio’ di San Marco resta la sua Basilica, che con i mosaici illuminati dal sole risplendeva per pochi fedeli.