Se non si versa al Comune la tassa di soggiorno si commette il reato di peculato. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (Seconda sezione penale) con una sentenza del 25 maggio, depositata in questi giorni, a proposito del ricorso proposto dal sostituto procuratore della Repubblica di Rimini, Davide Ercolani, dopo che il Tribunale di Rimini aveva assolto un albergatore che non aveva versato circa 27 mila euro di tassa di soggiorno.
Il giudizio di primo grado era stato infatti favorevole al gestore di un hotel a Rimini finito a giudizio con l’imputazione di appropriazione indebita, nel marzo del 2018, perché non aveva provveduto a versare nelle casse comunali la tassa che incamerava con il pagamento del soggiorno da parte dai turisti. Secondo il giudice di primo grado, l’albergatore andava assolto perché il reato non era previsto per legge in quanto la condotta contestata integrava un illecito amministrativo sanzionato dal regolamento comunale di Rimini.
La Cassazione invece ha stabilito che quando un albergatore incassa ma non versa la tassa di soggiorno commette peculato (e non appropriazione indebita) perché “integra lo svolgimento di un pubblico servizio anche in assenza di uno specifico e preventivo incarico da parte della pubblica amministrazione”. Ossia l’albergatore nel riscuotere la tassa di soggiorno fa le veci di un piccolino ufficiale e quindi non versandola commette peculato. Infine la Cassazione ha stabilito che si proceda ad una nuova accusa, di peculato appunto, nei confronti dell’albergatore. Ci sarà quindi un altro processo.