Si è concluso il "Cantiere della conoscenza", il "monitoraggio geotecnico e rilievo fotogrammetrico" sullo stato di degrado del Cretto di Burri di Gibellina, la colata di cemento realizzata nel Belice sulle macerie del terremoto del 15 gennaio 1968. I risultati dello studio, promosso dal museo d’Arte Contemporanea della Sicilia e iniziato lo scorso giugno, sono stati illustrati durante il workshop "Il Cretto di Alberto Burri. Che fare?" a Palermo. Lo scopo dell’indagine era fornire una analisi del degrado del "Cretto" sulla base della quale individuare le tecniche e le metodologie più idonee per il restauro definitivo dell’opera. L’opera è un’enorme distesa di cemento bianco che compatta i dodici ettari di macerie del centro storico di Gibellina. Il progetto fu avviato nel 1984 e terminato cinque anni dopo. Durante il ‘Cantiere della conoscenza’, "sono state prese in esame quattro ‘isole’ del Cretto – dice Giovanni Rizzo, responsabile Laboratorio di Ingegneria Chimica per i Beni culturali – più degradate. E’ stata rimossa la vegetazione superiore che si era insediata nelle fessure; sono stati testati quattro differenti tipi di biocida per l’eliminazione dei microrganismi che danno all’opera l’attuale aspetto grigiastro e sono state sperimentate diverse tecniche di pulitura delle superfici in calcestruzzo. Sono state eseguite, inoltre, delle prove di risanamento delle superfici".