Per la prima volta le opere di Rembrandt arrivano nei Musei Vaticani con una mostra che, fino al 26 febbraio, racconterà l’abilità del pittore di Leida nel realizzare le acqueforti, tecnica nella quale raggiunse livelli insuperati. In tutto sono esposte 53 incisioni, due lastre in rame e un dipinto. Un altro quadro, compreso nella rassegna, è l’autoritratto del pittore svedese dell’800 Anders Zorn alla cui collezione appartengono molte delle opere giunte adesso a Roma. In mostra piccoli capolavori da ammirare a lungo e con pazienza, aiutati da una lente d’ingrandimento (viene fornita all’entrata), scoprendo particolari sempre nuovi.
Le scene sono in gran parte mutuate dalla Bibbia, di cui il protestante Rembrandt era un profondo conoscitore, ricche di particolari, di segni, di emozioni, nei volti, ma anche nelle atmosfere, come nel Cacciatore di Topi, avvolto dalla cupezza della peste nera che in quegli anni flagellava l’Europa. “Rembrandt in Vaticano – Immagini fra cielo e terra”, curata da Johan Cederlund, direttore del museo Zorn (Svezia) e da Arnold Nesselrath, delegato per i dipartimenti scientifici ed i laboratori dei Musei Vaticani, è stata resa possibile dai prestiti del museo svedese, dal quale provengono le 53 acqueforti, e della Collezione Kremer di Amsterdam, da cui, insieme con le due lastre in rame che qui si ricongiungono con le loro stampe, arriva anche l’unica tela di Rembrandt presente in mostra, il busto di uomo anziano con turbante che l’artista olandese dipinse giovanissimo a Leida, in quel tempo dilaniata dallo scontro tra protestanti tolleranti e ortodossi.