La pandemia non ha lasciato conseguenze nel turismo mondiale. Entro la prima metà del prossimo anno si supereranno i movimenti registrati nel 2019. Il boom del turismo mondiale non è omogeneo, ma premia l’Europa e i Paesi più stabili. Il boom del turismo impatta in modo positivo sia nel mercato degli alberghi che in settori del tutto nuovi, come la locazione breve. Gli investimenti immobiliari alberghieri mondiali nel 2022 sono lievemente diminuiti (-1,5% rispetto al 2021), raggiungendo i 72 miliardi di euro, con interesse disomogeneo per localizzazione relativa, ambiti urbani, luoghi di villeggiatura e livello delle strutture.
A livello europeo il mercato immobiliare alberghiero è rimasto sostanzialmente stabile, chiudendo il 2022 con un fatturato di 20,5 miliardi di euro (21,2 nel 2021) bloccato dall’aumento dei costi e dalle crescenti preoccupazioni geopolitiche: per l’anno in corso si prevede un valore a 19,5 miliardi, con un aumento a partire dal 2024 (25 miliardi stimati).
L’Italia prosegue nel suo trend positivo e chiude il 2022 con un incremento del 40% del fatturato complessivo, pari a 3,5 miliardi di euro, mentre per il 2024 si attende un riallineamento ai livelli fatti registrare nel 2019. Questi alcuni dei dati che emergono dal Rapporto 2023 sul mercato immobiliare alberghiero, presentato nel corso di Hospitality Forum 2023, organizzato a Milano da Castello SGR e Scenari Immobiliari.
“Il 2023 – afferma Francesca Zirnstein, DG di Scenari Immobiliari – è iniziato in modo positivo per il mercato immobiliare alberghiero europeo. La solida ripresa dei flussi turistici e la rimessa a sistema del patrimonio immobiliare non ha provocato l’effetto sperato dal lato degli investimenti istituzionali. Il segmento nel 2022 è stato formato per poco meno dell’ottanta per cento da soggetti europei che con gli investitori cross-border, tra i quali è stato evidente il ritorno della domanda asiatica, hanno riguardato per tre quarti immobili unici e per un quarto portafogli”.
“La crescita del fatturato generato dal mercato immobiliare alberghiero italiano nel 2022 – dice Giampiero Schiavo, CEO di Castello SGR – è senza dubbio un segnale incoraggiante. Vista l’incertezza che caratterizza questo momento storico, è necessario comunque che tutti gli attori del mercato continuino ad impegnarsi soprattutto su due direttrici: rendere maggiormente attrattivo l’intero territorio nazionale, anche attraverso un rafforzamento delle infrastrutture, e continuare a rinnovare il patrimonio alberghiero italiano per essere maggiormente attrattivi sul versante del turismo internazionale”.
In Italia il mercato immobiliare alberghiero nel corso del 2022, insieme alle asset class del settore retail, ha mostrato un calo del 7% del volume di investimenti rispetto all’anno precedente attestandosi a quota 1,7 miliardi di euro, nonostante un incremento del fatturato complessivo rispetto al 2021. Le ragioni di questo risultato sono riconducibili al concretizzarsi, nel corso della seconda parte dell’anno, dei primi segnali di rallentamento causati dal progressivo rialzo dei tassi di interesse da parte della Bce e dal conseguente atteggiamento attendista da parte degli investitori.
Le allocazioni degli ultimi diciotto mesi hanno riguardato poco più di 80 strutture ricettive 3 stelle (26% circa), quattro stelle (41%) e cinque stelle (32% circa), rilevate dal mercato. Solo nel corso del 2022 gli investimenti hanno interessato più di 4 mila camere. Una parte delle transazioni ha continuato a interessare location consolidate come Milano, Roma, Venezia mentre le altre hanno agito in città secondarie e ambiti territoriali ‘periferici’ potenzialmente attrattivi ma caratterizzati da fondamentali socioeconomici quasi esclusivamente correlati a forme di turismo spiccatamente stagionalizzato o marcatamente connotato dal punto di vista esperienziale.
Lo stock residenziale in Italia ammonta circa 35,4 milioni di unità, parte di esso viene oggi dedicato all’affitto breve per ragioni di svago e di lavoro. Una parte riguarda i b&b, a livello nazionale il numero di strutture risulta pari a oltre 33 mila unità, una quota riguarda 120 mila appartamenti privati gestiti da società strutturate in maniera professionale mentre la porzione più consistente, 465 mila appartamenti, riguarda immobili di proprietà di privati immessi sul mercato della locazione breve con gestione autonoma.
La struttura immobiliare nazionale offre forme di residenzialità, per lavoro e per svago, a una quota di domanda in crescita da oltre dieci anni contraddistinta dalla necessità di sentirsi parte di un ambito conosciuto, anche quando è lontano dalla propria abitazione abituale. Le previsioni di incremento dei contratti per gli affitti brevi, a due cifre per molte delle località in cui il settore si sta maggiormente sviluppando, evidenziano la solidità dell’interesse.