Sharing economy sì, ma no concorrenza sleale: sia economia di condivisione

Alla Camera dei Deputati è approdata la Proposta di legge, di cui primo firmatario è Veronica Tentori, sulla “Disciplina delle piattaforme digitali per la condivisione di beni e servizi e disposizioni per la promozione dell’economia della condivisione”. La regolamentazione è frutto del lavoro di un gruppo di parlamentari appartenenti all’Intergruppo per l’Innovazione Tecnologica.

Una proposta che è stata bene accolta da Assoturismo Confesercenti. “Da tempo – si legge in una nota dlel’associazione – chiediamo che il fenomeno sia regolamentato, per stabilire finalmente una demarcazione chiara tra chi offre vera ‘economia della condivisione’ e chi invece utilizza la popolarità di questo nuovo modello per fare attività di impresa senza pagare le tasse, facendo concorrenza sleale agli imprenditori in regola. Particolarmente rilevante nel turismo, la sharing economy coinvolge anche altri comparti, dai trasporti alla ristorazione. Rapidissima, ad esempio, è stata la crescita di Home Restaurant e Social Eating: secondo le stime Fiepet-CST, in Italia ci sono già oltre 7mila cuochi ‘social’, con un fatturato annuale da 7,2 milioni di euro”.

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  • I numeri mi sembrano assurdi. Gli home restaurant attivi saranno un paio di centinaia, forse meno. Il fatturato sbandierato come è stato calcolato?

    A favore dell'Home Restaurant e contro le intenzioni punitive della risoluzione presentata in Parlamento da alcuni deputati PD (risoluzione presentata dai deputati del PD Angelo Senaldi ed Enzo Lattuca che impegna il Governo "a promuovere un'iniziativa normativa per regolare puntualmente una nuova tipologia di attività che rischia altrimenti di configurarsi anomala sul piano della concorrenza, della fiscalità e della tutela della salute pubblica"), vorrei dire alcune cose.

    L'Home Restaurant non ha insegne e non è un'attività aperta al pubblico che può intercettare avventori casuali.

    Nell'intimità inviolabile di casa propria, nonne, mamme e appassionati accettano di ricevere degli ospiti e cucinare per loro i prodotti tipici della tradizione locale come solo loro sanno fare.

    Pochi coperti alla settimana non potranno mai intaccare i volumi dei ristoranti; arricchiranno invece l'offerta turistica italiana, patria mondiale della buona cucina e garantiranno - al pari del B&B che offre un sostegno concreto a 25.000 famiglie - un reddito integrativo a quanti si trovano in difficoltà economica e vogliono intraprendere a casa propria un'attività saltuaria senza farsi carico della burocrazia soffocante che il Governo, al momento solo a parole, dichiara di voler eliminare.

    L'attività di Home restaurant si prefigura come un'attività saltuaria, già ampiamente normata.

    Infine, la salute pubblica, di certo più a rischio nelle cucine di tanti "ristoranti" che in quelle delle mamme e nonne d'Italia.

    È necessaria una normativa, ne siamo consapevoli, ma non punitiva così come preannunciato!

    https://www.change.org/p/parlamento-italiano-home-food-approvazione-ddl-s-1271-del-27-02-2014/u/15701267

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