A Pompei, come al Colosseo e in altri luoghi d'arte, servono fondi e personale. E' l'appello che il ministro per i Beni Culturali Massimo Bray lancia oggi dalle pagine di Messaggero, Corriere della Sera, Mattino e Unità. "I monumenti simbolo – spiega il ministro al Messaggero – sono i nostri migliori biglietti da visita agli occhi del mondo intero". "Negli ultimi cinque anni il bilancio del ministero dei Beni culturali si è ridotto di due terzi. Occorre fare ripartire le assunzioni". "Nei siti archeologici, nei musei, negli archivi e nelle biblioteche, soltanto per la vigilanza, abbiamo bisogno di duemila persone che non ci sono".
Al quotidiano di via Solferino Bray sottolinea che la vicenda di Pompei lo "colpisce profondamente", "quando rimasi fermo sulla Circumvesuviana – ricorda – capii ciò che già in fondo sapevo: che i problemi di Pompei vanno ben oltre Pompei". Dalla situazione di difficoltà, spiega, "se ne esce con scelte operative. Col governo adotteremo un piano complessivo", mentre sono benvenute anche "le donazioni liberali".
Al Mattino il ministro chiarisce che i fondi privati "farebbero molto comodo", ma "serve costruire dei modelli precisi di collaborazione pubblico-privato", con "regole chiare". A Pompei, aggiunge, "entro il 2015 bisogna far partire i 39 cantieri previsti. I cinque del primo lotto sono già avviati. Altri due sono fermi per l'assenza di trasparenza delle ditte appaltatrici".
Quella della cultura, afferma il ministro nell'intervista all'Unità, è una sfida per tutto l'esecutivo: "i soldi devono arrivare – dice – è un problema di credibilità mia e del governo".