martedì, 19 Novembre 2024

Adv sfilano a Roma per rivendicare la dignità e l’orgoglio della professione

Sono più di un migliaio gli agenti di viaggio che questa mattina hanno manifestato in piazza del Popolo a Roma. La manifestazione, indetta da Maavi, ha ricevuto il pieno sostegno delle associazioni di categoria, tra cui Fiavet Lazio, ma anche rappresentanti di ncc e bus turistici. Tutti insieme per lanciare ancora una volta l’appello per ridare dignità alla categoria degli agenti di viaggio.

Inoltre, Maavi ha fatto propria anche l’istanza avanzata ormai due mesi fa da travelnostop.com per riaprire l’avviso del Mibact per il fondo perduto e coinvolgere così anche le adv escluse dai ristori. A tal proposito riproponiamo l’editoriale di Toti Piscopo, che abbiamo pubblicato lo scorso 20 dicembre.

“Un bando nuovo di zecca per riservare contributi a fondo perduto alle agenzie e alle imprese turistiche che non hanno partecipato al primo bando Mibact che assegnava ristori per le perdite occorse nel periodo marzo-agosto, con i fondi rimasti dal primo.

Una ipotesi plausibile che riteniamo opportuno evidenziare, in subordine all’improbabile riapertura del bando, da riservare a tutti coloro i quali, per errori formali, non hanno partecipato pur avendone diritto o requisiti originariamente non previsti. Un modo per ripianare questa situazione, che in caso contrario porterebbe ad alimentare rischi concreti di cessazione di attività, fallimenti o forme di concorrenza sleale.

Un atto di giustizia sociale per ristorare le microimprese che costituiscono una realtà diffusa, eterogenea ma consistente che, proprio dalle nostre pagine, hanno lanciato il loro urlo di dolore e che in Sicilia, il nostro giornale, primo fra tutti, ha voluto raccogliere, e che Sicindustria ha fatto proprio, per appurare uno stato di disagio diffuso sull’intero territorio nazionale.

Dalle adv e dalle start up che hanno aperto i battenti solo nel 2019 o addirittura nei primi mesi del 2020, a quelle che non hanno potuto partecipare al bando per dimenticanza, errore formale o colpa del commercialista, e ancora quelle che non sono riuscite a produrre la documentazione nella finestra di 15 giorni data dal ministero. Infine, quelle che hanno fatto un cambio società o per potenziare la propria azienda hanno trasformato la propria ditta individuale in società di capitale non potendo così più attestare, tutto lo storico. Ma c’è stato anche chi, pur avendo immesso i dati nella piattaforma, ha omesso di pigiare il tasto “Invia”. Un ampio ventaglio di variabili casuali e/o motivate.

Atti di leggerezza li avremmo definiti in tempi normali, ma patologici e quindi comprensibili nella tempesta di preoccupazioni ed emozioni determinate dal turbinio delle tante crisi conseguenti a quella sanitaria, il cui vulnus colpisce il soggetto o l’impresa più debole.

Anche noi ci siamo chiesti se fosse giusto sostenere queste imprese, che rischiano di soccombere sotto il peso di aziende più strutturate o di una piattaforma rigida e rigorosa che non prevede, com’è giusto che sia, le tante, troppe variabili che la vita reale ci riserva.
Ma cos’è giusto in questo anno orribilis?
E chi siamo ognuno di noi per poter giudicare ciò che è giusto o sbagliato?

Una pandemia tanto imprevedibile quanto globale che sta stravolgendo, insieme al senso del giusto e dell’ingiusto, anche le vite umane, oltre che quelle delle imprese e di quell’esercito di piccoli imprenditori, diventati tali non per vocazione ma per necessità. La maggior parte di loro ha voluto scommettersi su se stessi, rifiutando “l’idea del posto fisso” e senza nulla chiedere a nessuno, neanche a questo Stato, prodigo a salvare colossi economici dai piedi di argilla che tanti guasti economici hanno determinato nel Paese.

E a questo stesso Stato sollecitiamo un atto di sensibilità politico-istituzionale che sia il segno di attenzione verso quelle imprese piccole e medio-piccole che costituiscono il cuore pulsante di una realtà economica sana e che, seppur provata da questa grande crisi, vuole continuare a contribuire allo sviluppo turistico del Paese, nel proprio legittimo interesse imprenditoriale e professionale, a tutela dei propri lavoratori, ma ancora più importante a tutela del sistema turistico nazionale, in rotta di collisione con questo virus che rischia di far affondare, se non si salvano i naufraghi, tutti i naufraghi, senza chiedere preventivamente il Durc o se prima di ritrovarsi a mare hanno spento la luce.

Non sappiamo se tale nostra riflessione sia giusta o sbagliata, ma certamente la consideriamo opportuna e sarebbe bello se il Governo, attraverso il Mibact, desse un segnale positivo, anche in occasione di questo Natale illuminato solo dalle deboli fiammelle della speranza”.

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