Un evento completamente dedicato al ruolo delle donne nel mondo del lavoro e nelle posizioni di leadership aziendale è stato organizzato a Milano da Avanade Italy insieme agli sponsor Alpitour World e Mercedes-Benz. Alla prima edizione del “Women’s leadership day”, come dire “la giornata della donna manager”, nella sede milanese della Mercedes, si è svolta una tavola rotonda con diverse testimonianze di donne manager, soprattutto italiane, come Stefania Bariatti, presidente del gruppo autostradale Sias, o Maria Bianca Farina, ceo di Poste Vita e di Poste Assicura, e Debora Guma, ceo di Carrefour Italia.
È stato un modo per promuovere l’inserimento delle donne nel mondo lavorativo soprattutto ai vertici, dove continua una presenza maschile preponderante, nonostante diversi studi dimostrino che la cosiddetta gender diversity, quindi la presenza in azienda di persone di sesso differente, porti vantaggi concreti in termini di produttività e redditività. “Una recente ricerca dell’American sociological institute – ha detto Adam Warby, ceo di Avanade – mostra che un aumento dell’1% nella diversità di genere all’interno di un’azienda porta a un aumento del 3% del fatturato. E noi possiamo confermarlo”.
Ad oggi, nessuna delle aziende italiane quotate in Borsa sono guidate da amministratori delegati donne, e nel resto d’Europa comunque la presenza femminile in questo ruolo è di appena il 3%. Se si valutano le donne manager con esperienza (le cosiddette senior leader) in Italia sono solo l’8% e nel resto d’Europa il 13%.
Il turismo, certo, è tra i settori nei quali la presenza femminile ha una lunga tradizione. Ma con decise carenze sui ruoli apicali. Ed è questa considerazione che ha spinto l’amministratore delegato di Alpitour World, Gabriele Burgio, a inserire la regola del 50% in un programma di assunzioni appena avviato. Si tratta del “graduate program”, ovvero la selezione di un certo numero di neolaureati provenienti da Economia e commercio, Economia del turismo e Ingegneria gestionale, da inserire in azienda per un periodo di training di 18 mesi finalizzato all’assunzione.
Quindi, anche in un’azienda che conosce bene il valore delle donne sul lavoro si fa fatica ad affidare loro ruoli di responsabilità?
Ecco come ha risposto Gabriele Burgio alle domande di Travelnostop.
Domanda. Come mai si deve arrivare a imporre una regola per mantenere una proporzione equilibrata tra uomini e donne, anche nel turismo dove la presenza femminile non è certo una novità?
Risposta. È vero, il mondo del turismo ha una presenza femminile significativa, si parla del 75% circa. Ma mancano le donne manager. Non credo che ci sia una ragione particolare. Può anche essere che sia semplicemente un problema di abitudine. Noi non assumevamo da molto tempo e al momento in cui abbiamo lanciato questo programma per creare i nostri manager del futuro, ho creduto opportuno stabilire che per metà fossero donne. Non ci vedo niente di strano.
D. Certo, ma per arrivare a fare una regola rigida da applicare, vuol dire che c’erano delle resistenze. Anche perché tra le caratteristiche femminili ci sono sicuramente la costanza e la tenacia.
R. Certo, ma se vogliamo generalizzare, il che è sempre un po’ antipatico, trovo che le donne hanno tantissime qualità ma hanno poca ambizione. Quindi, siamo noi che dobbiamo andarle a cercare. E noi pensiamo che sia giusto avere tante donne in alto, anche perché il decision maker del viaggio in famiglia è la donna, perché la scelta non la fa il marito, la fa la moglie. Allora è giusto che a creare il prodotto siano delle donne. Infatti il 60% dei nostri brand manager, coloro che costruiscono i pacchetti, sono donne.
D. Ci sono state resistenze quando avete comunicato questa regola di pari opportunità uomo-donna nelle nuove assunzioni?
R. Non ho mica chiesto a qualcuno. Sono decisioni che prendo io e poi le comunico.
D. Lei ha detto che il decision maker in famiglia è femminile, ma c’è un mercato che si sta sviluppando velocemente ed è quello dei single.
R. È vero!
D. E in quel caso l’elemento gender è ancora più decisivo. C’è chi viaggia da solo perché vuole stare da solo, ma molti partono proprio per avere occasioni di incontro. Come ci si orienta, in un’azienda come la vostra?
R. Non so, non andrei a declinare tante tipologie di cliente. Abbiamo delle tipologie di viaggi che si prestano di più a un single ma non abbiamo ancora segmentato così a fondo. Forse il mercato italiano non ha i volumi per potere fare questo tipo di distinzioni. Siamo in tutto 50 milioni, sparsi su 2 mila chilometri da nord a sud. Gli aerei sono un problema, perché il nostro business vive di aeroporti che devono essere vicini ai clienti distribuiti sui 2mila chilometri…
D. E, già che parliamo di dimensioni del mercato, come vede le prospettive economiche a breve e a medio termine? Condivide i segnali di ottimismo che la stessa Confindustria vede in questo momento?
R. Io penso che, sia pure selezionando con maggiore attenzione, le persone continuino a consumare. Basta vedere quanto spendono per andare a vedere un concerto, una finale di campionato, un evento di qualche genere… Se la vogliamo dire brutalmente, i soldi ci sono per certi tipi di consumi. La motivazione a viaggiare c’è, perché ci sono flussi mostruosi di gente che si muove: dal cammino di Santiago alla discoteca di grido per un week end. Noi dobbiamo avere la capacità di capire dove vuole andare il cliente e realizzare di prodotti che lo soddisfino, a prezzi accettabili. Non sempre è facile.
D. Quindi, il prezzo è una discriminante? O dobbiamo dar retta alla voce ricorrente per la quale “i prodotti che si vendono di più sono i più cari”?
R. Se vendi la commodity, il prezzo è importante. Bastano due o tre euro di differenza e un cliente sceglie un operatore anziché un altro. Invece se vendi cose un po’ uniche, differenti, il prezzo non è assolutamente un fattore determinante.
D. Il mercato italiano sta seguendo quello che si dice sia il trend sociale? Cioè, l’allargamento della forbice: sta sparendo il ceto medio e si passa dal low cost al deluxe, senza niente in mezzo?
R. È vero, ma noi abbiamo sempre dei grossi volumi anche con i clienti medi. Facciamo 600mila passeggeri all’anno come TO, quindi abbiamo prodotti un po’ per tutta la serie di consumi. Magari quest’anno c’è uno che è andato un po’ meglio e un altro un po’ peggio, ma la sostanza non cambia. Avrei pensato che i prodotti meno cari sarebbero stati quelli esplosivi e quelli più cari avrebbero sofferto di più, mentre invece quelli più cari hanno fatto delle crescite fantastiche e quelli meno cari non hanno fatto il boom che ci aspettavamo.
D. Quindi in qualche modo si conferma questa idea?
R. Non saprei. Io credo che siano cambiate un po’ le abitudini, nel senso che magari uno non fa più due viaggi all’anno ma ne fa uno più bello. Oppure ne fa uno ogni due anni anziché uno all’anno. Vedremo. Io non riesco a trovare un modello. L’importante è capire cosa vuole il cliente e trovargli un prodotto a buon prezzo, cioè con un buon rapporto qualità/prezzo.