La decisione di non far volare gli aerei per diversi giorni durante le fasi peggiori dell'eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajokull è stata la migliore. A distanza di un anno e dopo innumerevoli polemiche arriva uno studio scientifico che conferma la bontà della decisione. A quanto pare, la particolare natura delle polveri sprigionate dal vulcano era molto pericolosa per gli aerei.
Lo studio ha confrontato la composizione delle polveri durante la fase esplosiva dell'eruzione, iniziata il 10 marzo dello scorso anno, con quella di una normale eruzione del vulcano, scoprendo che nel primo caso il 20% della cenere era formata da particelle al di sotto dei 10 micrometri, che normalmente non superano il 2%: "Queste polveri sono particolarmente pericolose per gli aerei – spiega Susan Stipp dell'università di Copenhagen, che ha condotto lo studio – perché tendono a sciogliersi più facilmente una volta entrate nei motori dell'aereo, provocandone lo spegnimento e facendo grossi danni data la loro particolare abrasività".
Durante la crisi determinata dal vulcano islandese i cieli europei sono rimasti chiusi al traffico aereo per una settimana, lasciando a terra 10 milioni di persone e provocando danni stimati intorno ai 2,5 miliardi di euro: "Ma le autorità hanno avuto assolutamente ragione a fermare i voli – sottolinea Stipp – e ora grazie allo studio abbiamo anche un protocollo da seguire se si dovesse verificare di nuovo il problema".