venerdì, 8 Novembre 2024

Rinasce il Ministero del Turismo, un referendum del ’93 lo aveva cancellato

Suscita entusiasmo tra gli addetti ai lavori il ripristino del Ministero del Turismo con portafoglio, istituito nel 1959 e poi abrogato con il referendum del 1993, a seguito della richiesta di alcune regioni, alla guida del quale è stato nominato ministro il leghista Massimo Garavaglia.

Nel 2001 una riforma aveva modificato il Titolo V della Costituzione attribuendo alle regioni autonome, alla stregua di quelle speciali, potere in fatto di turismo e rendendo così strategico l’istituto della Conferenza Stato-Regioni. Da allora, dagli Anni Novanta, nessuno aveva rivestito tale carica, fatta eccezione per l’esperienza senza portafoglio di Michela Vittoria Brambilla nel quarto governo Berlusconi (maggio 2009-novembre 2011).

Questo un pezzo di storia costituzionale, così come la ricorda Saverio Panzica, grande conoscitore della legislazione turistica che rilancia le tante perplessità manifestate sui social in cui vengono espressi dubbi e perplessità non solo sulla sulla reale possibilità costituzionale di dare attuazione a questa volontà, ma sui tempi necessari per realizzarla che, qualora non avvenisse immediatamente, rischierebbe di penalizzare ulteriormente il mondo del turismo.

Ad esclusivo beneficio dei nostri lettori abbiamo chiesto a Panzica un breve schema riassuntivo del referendum abrogativo secondo l’ordinamento italiano.

“L’articolo 75 della Costituzione – ricorda Panzica – riserva l’iniziativa referendaria ai cittadini (500.000 elettori) o alle Regioni (5 Consigli regionali), questi possono proporre all’elettorato “l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge”, dove per legge si deve intendere una legge in senso formale, approvata dal Parlamento secondo il procedimento ordinario, e per “atto avente valore di legge” un decreto legge (approvato dal governo in casi eccezionali di necessità e di urgenza e convertito entro 60 giorni dal parlamento) o un decreto legislativo (adottato dal governo su delega parlamentare). Il quorum indica il numero minimo di elettori che devono partecipare alla votazione perché il referendum sia valido e perciò idoneo ad abrogare la disposizione oggetto del quesito: esso è fissato nella maggioranza degli aventi diritto al voto. L’articolo 75 stabilisce inoltre che deve essere raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. Un tentativo di ridare razionalità e organicità alla materia – conclude Panzica – si è avuto con il d.lgs. n. 300/1999, che ha fissato in dodici il numero dei ministeri. Tuttavia, sia la XIV che la XV legislatura si sono caratterizzate per un sostanziale aggiramento di queste regole, ricorrendosi a un decreto-legge per aumentare il numero dei ministeri (d.l. n. 217/2001, conv. nella l. n. 317/2001; d.l. n. 181/2006, conv. nella l. n. 233/2006)”.

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