C’è l’ipotesi di omicidio stradale plurimo nel fascicolo di inchiesta aperto dalla Procura di Venezia, per il momento senza indagati, sul disastro del bus pieno di turisti precipitato da un cavalcavia a Mestre dopo aver divelto il guard rail. Le 21 vittime sono state tutte identificate: come ha reso noto in serata la prefettura di Venezia si tratta di nove cittadini ucraini, quattro romeni, tre tedeschi, due portoghesi, un croato, un sudafricano e l’autista del bus, unico italiano, un trevigiano di 40 anni. Manca ancora, invece, una ricostruzione che possa stabilire con certezza le cause dell’incidente.
C’è poi il capitolo dei feriti, 15, suddivisi in diversi ospedali, dei quali 4 ancora in rianimazione. Tra loro, fortunatamente non gravi, vi sono due fratellini di 3 e 13 anni, che non sanno ancora della morte della loro mamma, una signora austriaca. A quelli coscienti le direzioni sanitarie degli ospedali di Mestre, Padova, Treviso, hanno affiancato equipe psicologiche. Sono confusi e sotto shock, spiegano i medici.
E silenzio e dolore si respirano allo “Hu Camping”, il campeggio situato a Marghera dove i circa 40 ospiti stavano rientrando da Venezia, usufruendo del servizio di navetta affidato dalla struttura alla società La Linea. Qui l’aria di vacanza sembra un ricordo anche se il servizio di navetta è ripreso e gli altri ospiti proseguono il loro soggiorno. Lo Hu Camping è una struttura ‘storica’ e molto conosciuta nella terraferma, sorta negli anni ’70 in una zona vicina alle grandi arterie stradali e autostradali del Nordest. Una volta si chiama “Jolly” ed era noto per le sue case mobili e per una bella piscina, dove i bambini andavano a imparare a nuotare. Da qualche anno fa parte di Human Company,
gruppo fiorentino della famiglia Cardini Vannucchi che possiede 10 strutture simili in Italia. Il direttore generale, Domenico Montano, ha espresso in una nota vicinanza “alle famiglie degli ospiti della nostra struttura oltre che ai familiari dell’autista, e stiamo facendo tutto il possibile – ha precisato – per contribuire alla gestione dei soccorsi”. Nel frattempo il servizio di navetta è ripreso, con un autobus uguale a quello caduto dal cavalcavia.
Sono due le ipotesi principali al vaglio della magistratura sulle cause della tragedia: una manovra azzardata, con l’affiancamento ad un altro bus e un guardrail vecchio; oppure, sommato a questo, un malore dell’autista che non è riuscito a controllare il mezzo. “Non ci sono allo stato indagati – ha confermato il Procuratore Bruno Cherchi – mentre il guardrail, la zona di caduta del bus e lo stesso mezzo sono stati posti sotto sequestro”.
Ma l’assessore ai trasporti del Comune di Venezia Renato Boraso replica alle ricostruzioni della stampa sulle cause dell’incidente: “il bus non è caduto perchè c’era un buco di un metro e mezzo nel guardrail. Quel buco è un varco di sicurezza, di servizio, previsto dal progetto originario del manufatto. L’autobus è caduto 50 metri dopo il varco, dopo aver strisciato sul guardarail, senza segno di frenata o contro-sterzata. O Vogliamo dire che senza il ‘buco’, la barriera avrebbe tenuto un mezzo in corsa, che sbanda, di 13 tonnellate?”.