Nonostante la giunta militare abbia deciso di riaprire la Birmania al turismo, ong e agenti di viaggio esortano i turisti a non visitare il paese a causa delle diffuse violazioni dei diritti umani e delle violenze in corso, inclusi rapimenti e uccisioni da parte dei militari, nonché carenza di cibo e regolari blackout.
Dopo oltre un anno dalla presa del potere e la rimozione del premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, l’esercito ha annunciato l’intenzione di riaprire al turismo e riprendere i voli internazionali a partire dal 17 aprile. “Non consiglierei a nessuno di recarsi lì”, ha affermato Michael Isherwood, presidente della Missione umanitaria in Birmania e direttore del programma dell’organizzazione benefica Backpack Medics. “Se la Birmania riapre ai turisti, è soprattutto a beneficio della giunta”, che opprime la popolazione, ha aggiunto. Gli fa eco Jochen Meissner, fondatore e direttore dell’agenzia di viaggi ‘Uncharted Horizons Myanmar’ con sede a Yangon: “Qui ogni giorno ci sono attentati dinamitardi e omicidi e l’esercito controlla tutte le strade”.
La Birmania ha chiuso i suoi confini all’inizio del 2020, come molti Paesi, per prevenire la diffusione del Covid-19. All’epoca, il governo eletto guidato da Aung San Suu Kyi guidava il Paese, ma un colpo di stato militare nel febbraio 2021 ha rovesciato l’esecutivo. Sono emersi gruppi di resistenza e da allora il Paese del sud-est asiatico è stato tormentato da violenze, proteste e collasso economico.