venerdì, 20 Dicembre 2024

Aeroporti siciliani ancora troppo legati al traffico domestico

Ad agosto, in concomitanza con l’entrata in vigore del decreto Omnibus, tutti i vettori aerei hanno innalzato le tariffe a 30 giorni dal volo e ridotto quelle a ridosso delle partenze. In pratica la norma contro il caro voli potrebbe aver avvantaggiato chi ha acquistato i biglietti per venire in Sicilia all’ultimo minuto. Lo si evince dallo studio presentato a Palermo nel corso del Fact Book 2023 organizzato dal centro ITSM (Iccsai Trasport and Sustainable Mobility Center).

Studio da cui emerge anche un’altra questione riguardante gli aeroporti di Palermo e Catania, ovvero quella della loro raggiungibilità anche in relazione a quello che è successo quest’estate dopo l’incendio a Fontanarossa. Gli aeroporti siciliani infatti nel decennio trascorso (2012-2022) sono cresciuti più della media italiana (+4,4% Palermo e 4,9% Catania vs +1.8% Italia) ma in parallelo non è cresciuta la rete infrastrutturale siciliana.

Inoltre, sono molto polarizzati sul domestico e presentano una connettività internazionale insufficiente (0.24 Palermo, 0.38 Catania; Napoli 0.58, Bologna 0.59, Bari 0.29). Le offerte di Palermo e Catania sono molto sovrapposte ed è difficile a livello regionale parlare di “specializzazioni aeroportuali” per cliente, vettore o destinazione. In termine di competizione fra le compagnie aeree, Palermo sconta la più alta dipendenza dal primo vettore (Ryanair al 52.8% dei posti offerti e ASK). Questo valore si assesta al 33.2% a Catania ed è generalmente compreso fra il 20 e il 40% negli altri aeroporti benchmark.

Per consultare lo studio clicca su Presentazione_GESAP_2 ottobre 2023

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