I Bronzi di Riace in realtà sono siracusani?
10 Dicembre 2025, 11:48
Convegno a Siracusa sulle nuove evidenze scientifiche dell’origine siciliana dei Bronzi di Riace. L’appuntamento è per venerdì 12 dicembre, a partire dalle 15, nel teatro comunale di Ortigia.
L’ipotesi siciliana non è del tutto nuova. I primi a parlarne tra il 1988 e il 1991 furono gli archeologi americani Ross Holloway (secondo il quale le statue vennero prima ritrovate nel mare siciliano e poi trasportate clandestinamente a Riace da archeotrafficanti), e Marguerite McCann, la prima a sostenere che i due Bronzi provenissero dall’antica Siracusa e rappresentassero i Dinomenidi.
L’ipotesi è stata di recente ripresa, con grande impatto mediatico, da Anselmo Madeddu, autore del libro “Il mistero dei Guerrieri di Riace: l’ipotesi siciliana” (Algra Editore), ed è balzata ulteriormente agli onori delle cronache per via delle rivelazioni comunicate alla stampa e alla magistratura da parte di alcuni testimoni (ad oggi otto) secondo i quali le due statue sarebbero state recuperate da esperti palombari già alla fine degli anni ’60 in fondali molto profondi (oltre 70 metri) a Brucoli, insieme ad altre statue, e poi nascoste e rivendute ad archeotrafficanti calabresi.
La vicenda ha suscitato l’interesse del professor Rosolino Cirrincione, direttore del Dipartimento di Scienze geologiche dell’Università di Catania, che ha coordinato un ampio gruppo di ricerca costituito da più specialisti (archeologi, geologi, paleontologi, biologi marini, archeometri, archeologi subacquei), per lo più ordinari e associati provenienti da 6 Università (Catania, Ferrara, Cagliari, Bari, Pavia e Calabria), con l’obiettivo di studiare la solidità scientifica dell’ipotesi siracusana.
I risultati dello studio multidisciplinare, pubblicato sulla rivista scientifica “Italian Journal of Geosciences” (IJG), hanno suscitato larga eco nella comunità scientifica, perché ha di fatto validato scientificamente l’ipotesi siracusana, giungendo alla conclusione che le celebri statue sarebbero state realizzate in una officina dell’area di Sibari e poi collocate nell’antica Siracusa al tempo dei Dinomenidi.
E’ probabile, dunque, che le statue, dopo la conquista romana della città, siano affondate durante il trasporto nella capitale. Infine, lo studio delle patine e delle concrezioni presenti sulla loro superficie ha dimostrato che i due capolavori dovettero sostare nei bassi fondali di Riace (8 metri) pochi mesi appena e, di contro, sarebbero giaciuti per oltre duemila anni in fondali molto più profondi (70-90 m.) e compatibili con quelli di Brucoli.
I risultati di questo basilare studio, che vanno a riscrivere la storia, saranno illustrati appunto il 12 dicembre nel corso di un evento, a ingresso libero e aperto a tutta la cittadinanza, che si svolge con il patrocinio del Comune di Siracusa, dell’Università degli Studi di Catania e della nota rivista “Archeologia Viva. L’iniziativa rientra tra gli eventi promossi per il Ventennale Unesco, diretti dall’archeologo Lorenzo Guzzardi.