In Sicilia ci sono 241 reti d’impresa: 17 a Trapani; 28 a Palermo; 10 ad Agrigento; 18 a Caltanissetta; 7 ad Enna; 11 a Messina; 91 a Catania; 42 a Ragusa e 17 a Siracusa per un totale di 257 imprese siciliane che hanno scelto di fare rete. “E il potenziale di crescita è enorme”, ha sottolineato il direttore di RetImprese Confindustria, Fulvio D’Alvia, in occasione di un incontro che si è svolto in Sicindustria. Ad oggi, infatti, secondo RetImpresa, numeri inferiori alla Sicilia si registrano solo in Liguria (237); Basilicata (164); Trentino Alto Adige (162); Molise (34); e Valle D’Aosta (18).
“Le più predisposte ai contratti di rete – ha aggiunto D’Alvia – sono le imprese manifatturiere e lo fanno per innovare (il 64%) e per crescere all’estero (il 59%). In generale le reti, in Italia, coinvolgono 340 mila lavoratori, generano un fatturato aggregato di 86 miliardi di euro e un valore aggiunto di 19 miliardi di euro”.
“La rete – ha sottolineato il direttore di Sicindustria, Giovanni Catalano – risponde al cambiamento delle relazioni economiche. È uno strumento capace di dare maggiore vigore alla crescita perché mette in comunicazione imprese provenienti da diversi ambienti, consente alle imprese di superare i limiti del localismo e soprattutto crea le condizioni per superare la convinzione che ‘piccolo è bello’, concetto che in un mondo globalizzato non è più sostenibile. È per questo che la scommessa per il futuro dell’Isola passa attraverso le reti d’impresa. Ciò che è importante – ha concluso – è che gli imprenditori colgano appieno la grande forza dei contratti di rete. Che sia una collaborazione, uno scambio di informazioni o addirittura un passaggio di prestazioni tra imprese poco importa. Ciò che conta è fare squadra per essere sempre più competitivi. Tra l’altro, le imprese che si associano non devono appartenere allo stesso comparto produttivo o alla stessa filiera. Anzi, l’84% delle reti è composto da società di almeno due settori. Ma stando insieme è possibile ampliare l’offerta, godere di agevolazioni fiscali e anche distaccare in modo flessibile il personale tra le varie imprese della rete, a seconda delle esigenze, in regime di co-datorialità”.