(di Toti Piscopo) L’esiguità dei collegamenti dalla Sicilia verso Roma e Milano con il conseguente caro-ticket continua ad essere il tema ‘caldo’ per i siciliani che si sentono penalizzati sul piano della mobilità e dell’economia turistica. Un’economia che, secondo il recente rapporto di Bankitalia, segna una flessione del 3% per quanto riguarda le presenze nel primo semestre 2019, periodo tradizionalmente di bassa stagione, a cui fa da contraltare un aumento del 4,3% dei passeggeri negli aeroporti siciliani, rilevato sui primi 8 mesi, quindi considerando luglio e agosto, ovvero i mesi che registrano il picco massimo di passeggeri, turisti compresi.
Nulla di particolarmente preoccupante, anzi quasi fisiologico, come avevamo preannunciato quando, passati i clamori per la ritrovata attrattività della Sicilia, nulla fu fatto per cavalcare quell’onda lunga della ripresa turistica dopo circa un decennio di sofferenze e consuntivi in rosso. E così oggi, insieme all’annoso problema dei trasporti interni ed esterni della Sicilia, si torna a parlare dell’allungamento della stagionalità turistica, o per meglio dire del mancato allungamento della stagionalità, come si ama definire adesso il fenomeno, comunemente etichettato di “destagionalizzazione”, la cui tendenza è ormai di accantonarlo per non identificarlo con le numerose stagioni di aspirazioni frustate.
Eppure tutti continuano a invocare l’allungamento di questa “benedetta stagionalità” nel periodo novembre-aprile. Ma nonostante l’invocazione nessuna iniziatica concreta viene assunta. Eppure l’esigenza è sempre più avvertita dagli operatori turistici dell’intera filiera turistica, incoraggiata dalle società aeroportuali impegnate ad incentivare nuovi vettori e invocata dalle strutture ricettive con l’ampia disponibilità professata dai Comuni e con la manifestata operatività di agenti di viaggio e tour operator. Sembrano tutti predisposti a giocare al famoso gioco dell’oca, a cui a fronte di un passo in avanti se ne fanno due indietro se non addirittura quando si ritorna al punto di partenza. Di fatto, si preferisce continuare a delegare ad altri l’assunzione di iniziative che non possono prescindere da una forte volontà di pura imprenditorialità, buon senso e buon governo.
Sembra quasi un paradosso che, pur esistendo un’esigenza comune e condivisa, i diversi soggetti non riescano ad elaborare un progetto comune finalizzato a favorire l’arrivo di nuovi flussi turistici sul territorio nella cosiddetta “bassa stagione”. Eppure sarebbe sufficientemente semplice aprire qualche cassetto per scoprire qualche idea progettuale che forse potrebbe avere una fattibilità ed un riscontro con il mercato già testato. Ovviamente la politica del dire, rispetto a quella del fare, è molto meno faticosa e sembra appagare molto di più, in nome della visibilità del populismo da social e, poco importa, se il tempo passa infruttuosamente continuando a segnare la vita delle aziende e delle persone.