mercoledì, 2 Ottobre 2024

Alitalia, oggi l’incontro con i Sindacati

O la compagnia si rilancia, unita, o muore

Alitalia si prepara al giorno più lungo. Oggi Cimoli affronterà lo scoglio più grosso nel difficile percorso di salvataggio: l’incontro con i sindacati. Dai quali, infatti, sembrano dipendere ora le sorti dell’azienda: un accordo sul business plan 2005-2008 predisposto dal presidente e amministratore delegato Giancarlo Cimoli spianerebbe la strada verso il risanamento e il rilancio,
mentre la mancata approvazione porterebbe allo scontro e la compagnia alla liquidazione. E dall’Atitech di Napoli (società controllata che si occupa della manutenzione) arriva l’ennesimo ultimatum ”O Alitalia si salva tutta intera o fallisce”. Nell’ipotesi in cui il top manager della compagnia confermasse la divisione in due della società, con la destinazione delle attività di terra a partner di maggioranza, Fit Cisl, Filt Cgil, Uiltrasporti e Sult risponderebbero con ”immediate e continuative forme di lotta in grado di coinvolgere tutto il settore del trasporto aereo”, come deciso con una mozione al termine di un’accesa assemblea dei lavoratori dell’Atitech di Napoli. ”Vista la drammaticità della situazione in cui si trova Alitalia – ha spiegato il segretario regionale della Campania del Sult, Michele D’Apuzzo – siamo consapevoli che uno sciopero potrebbe essere il colpo mortale per la compagnia ma la coerenza del sindacato ha un prezzo e quindi ci prendiamo la responsabilità di una iniziativa di lotta perché diversamente il sindacato perderebbe credibilità”. Da parte sua Cimoli ha detto nei giorni scorsi
che con la bocciatura del piano industriale che domani illustrerà ai sindacati, la compagnia non prenderebbe dalle banche quei 400 milioni di euro del prestito garantito dallo Stato a cui Bruxelles ha dato il via libera. Anzi, porterebbe i
libri direttamente in tribunale. Alternative a questo piano industriale, dunque, non ce ne sono più. Non è un ultimatum, ha assicurato Cimoli, ma l’unica strada percorribile per il risanamento e il rilancio. Domani potrebbe quindi partire un
nuovo braccio di ferro. Dopo la bocciatura dei due precedenti piani industriali, costati le dimissioni dei rispettivi amministratori delegati Francesco Mengozzi e Marco Zanichelli e del presidente Giuseppe Bonomi nell’arco di pochi mesi, costellati di forti proteste da parte dei dipendenti di Alitalia tanto da richiedere la mediazione del governo, il cerino passa nelle mani dei
sindacati. Che però non accettano una linea che, osservano, ” è la riproposizione dei precedenti piani industriali da noi bocciati”. Insomma, Fit, Filt, Uiltrasporti e Sult, non vogliono abbandonare al proprio destino gli iscritti e sembrano ritrovarsi compatti contro l’ipotesi dello spezzatino di
Alitalia. Che ritengono un rischio troppo grosso per il futuro dei lavoratori.
Il piano industriale targato Cimoli, secondo quanto noto sinora, non fa cenno ad esuberi, il nodo cruciale alla base degli scioperi dei mesi scorsi, ma il riferimento a ”grandi sacrifici di personale” a cui sono stati obbligati altri
vettori europei per ristrutturarsi è uno spettro simile, fortemente temuto. La fuoriuscita dei dipendenti di terra in aziende controllate da altre società, anche dallo Stato, non è ritenuta affatto una garanzia. La ricetta contenuta nel business plan di divisione in due di Alitalia è dunque indigesta per i sindacati: Az Fly, contenitore delle attività di volo, sarebbe la parte attiva del gruppo, destinata ad essere sviluppata, mentre Az Service con le attività di terra, sarebbe divisa in tante società quante sono le attività (manutenzione,
amministrazione, information technology, handling) con la partecipazione di maggioranza di investitori esterni (Finmeccanica, Fintecna, Ibm, Fraport, i candidati con cui sono stati avviati contatti) e la fornitura dei servizi ad AZ Fly a prezzi di mercato. Tutte le nove sigle presenti in Alitalia hanno dato la
disponibilità a sacrifici (maggiore produttività e flessibilità) a condizione che l’azienda sia rilanciata e messa alla pari dei grandi concorrenti europei, come sancito dall’accordo di palazzo Chigi con il governo del maggio scorso.
E’ soprattutto il personale di terra a temere che quegli esuberi emersi nei due precedenti piani industriali non siano ancora stati smascherati e che potrebbero riaffiorare nei prossimi mesi con l’applicazione del piano Cimoli. Intanto, nei primi mesi di lavoro, il numero uno di Alitalia ha cominciato a mettere mano al capitolo delle spese riducendo il numero dei dirigenti e siglando alcuni accordi-ponte con il personale di tutte le categorie. Il top manager ha individuato oltre 100 iniziative per contenere le spese stimando minori costi fra i 150 e i 200 milioni di euro. La strategia per portare Alitalia fuori dalla crisi e poi a competere sul mercato prevede due fasi: risanamento (2005-2006) con ”azioni radicali di efficientamento” in tutti i settori tali da portare al
pareggio di bilancio nel 2006 e al rilancio (2006-2008). La privatizzazione e la ricapitalizzazione riguarderebbero AZ Fly con la discesa dell’azionista Tesoro dall’attuale 62,3% al di sotto del 50% e l’aumento di capitale con la partecipazione di investitori.

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