E' previsto anche lo scorporo della rete ferroviaria dal Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane nella bozza del dl liberalizzazioni, che stabilisce che le azioni di Rfi vengano cedute al ministero dell'Economia e delle finanze, che esercita i diritti dell'azionista d'intesa con il ministero dello Sviluppo economico. L'obiettivo è "consentire il raggiungimento di una pieno autonomia ed indipendenza del gestore dell'infrastruttura ferroviaria dalle imprese operanti nel settore dei trasporti". Nella bozza viene inoltre soppresso il contratto collettivo nazionale di settore.
Ma lo scorporo di Rfi da Fs non trova d'accordo né l'amministratore delegato di Fs, Mauro Moretti, né i sindacati. "Dove la rete è stata separata dal servizio, come in Gran Bretagna, abbiamo avuto effetti negativi sui costi sopportati direttamente dai cittadini – afferma l'ad di Fs – mentre dove si è optato per la soluzione di imprese integrate (Germania e Italia), i costi per lo Stato sono diminuiti e qualità e sicurezza sono aumentate".
Secondo il segretario generale della Fit-Cisl, Giovanni Luciano, "per garantire accesso a condizioni eque e non discriminatorie, basta e avanza l'Autorità di regolazione dei Trasporti che abbiamo sempre richiesto. Non vogliamo che l'interesse di pochi prevalga sull'interesse generale, destabilizzando la situazione patrimoniale del Gruppo Fs e quindi di Trenitalia, che ha ancora 6 miliardi di euro di debiti", osserva, aggiungendo che "ciò produrrebbe, anziché un miglioramento del servizio ferroviario, la sua definitiva scomparsa al Sud e nelle aree periferiche del Paese".
Dello stesso avviso anche il segretario generale della Filt Cgil, Franco Nasso, considerata "la condizione patrimoniale di Trenitalia, oggi notevolmente sottocapitalizzata e fortemente indebitata". Secondo Nasso, infatti, "un attimo dopo lo scorporo la stessa azienda dovrebbe ricevere dalla proprietà sostegni pubblici non consentiti dall'Europa, oppure subire, a sua volta, un rapido processo di smembramento, svendita e privatizzazione".