Alcune macchie comparse su visi, sulle gambe e sull’addome dei Bronzi di Riace, stanno preoccupando gli esperti sulla conservazione delle due statue. Le analisi effettuate finora parlano di deterioramento del materiale di cui sono fatti i due guerrieri greci. Ad eseguire la diagnosi sono stati gli specialisti dell’Università del Salento e dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (Iscr) di Roma, che hanno esposto i loro risultati al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria nell’ambito dell’iniziativa ‘Arte e(‘) scienza’, organizzata varie città d’Italia dall’Associazione Italiana di Archeometria (AIAr) per illustrare le più avanzate tecniche di indagine scientifica applicate ai beni culturali. Un esempio è proprio quello della fluorescenza a raggi X, una tecnica diagnostica non invasiva usata da coloro che hanno esaminato i Bronzi quando erano ancora sdraiati nel Palazzo della Regione Calabria. Grazie a strumenti portatili, i ricercatori sono riusciti ad analizzare la composizione chimica delle patine depositate sulla superficie anteriore delle due statue, eseguendo una vera e propria mappatura delle macchie che sarà fondamentale per mettere a punto le future strategie di prevenzione.
”Su entrambi i Bronzi – ha spiegato Giovanni Buccolieri, ricercatore di fisica applicata all’Università del Salento – abbiamo trovato diversi punti ricoperti da una patina celeste formata dai residui del cloro che si è depositato durante la lunga permanenza in mare. In particolari condizioni di temperatura e umidità, queste macchie potrebbero estendersi col rischio di formare il cosiddetto ‘cancro del bronzo’, un fenomeno corrosivo che comprometterebbe la conservazione delle statue”. Alcuni problemi però, potrebbero essere stati causati dai restauri seguiti al ritrovamento del 1972, quando vennero usate spazzole in ottone per la pulitura meccanica delle statue.