Nonostante gli effetti causati dalle restrizioni al turismo nella fase più critica della pandemia, il mercato hospitality in Italia si è dimostrato resiliente. Questo lo scenario emerso dal nuovo Rapporto sul Patrimonio Immobiliare Alberghiero, realizzato dal Dipartimento di Ricerca di WCG – World Capital Group insieme a PKF hospitality group, in collaborazione con Nomisma, RICS, Associazione Italiana Confindustria Alberghi e Federalberghi Roma.
Infatti, secondo le ultime stime il valore del patrimonio ammonta a 116,3 miliardi di euro, in calo dell’1,5% rispetto al periodo pre pandemico.
Nel dettaglio, l’impatto maggiore ha interessato le strutture ricettive 3 stelle sia pur in misura, come abbiamo visto, non determinante. Interessante notare poi che l’emergenza ha rappresentato l’occasione per la ristrutturazione e riconversione di molte strutture appartenenti a tale categoria in hotel a 4, e in alcuni casi a 5 stelle. I valori relativi agli hotel di lusso, invece, sono stati decisamente stabili rispetto al periodo pre-emergenziale, e in alcuni casi sono stati osservati perfino degli incrementi, e questo grazie alla domanda costante e al consistente pregio degli immobili.
Soffermandoci sulle stime del patrimonio immobiliare alberghiero suddiviso per ogni cluster, dal Rapporto emerge che il segmento città registra un valore pari a 36 mld, in piena stabilità rispetto al periodo pre pandemia. Per quanto riguarda la Top 10 delle città è Roma, con un patrimonio immobiliare alberghiero di circa 12,8 mld, a posizionarsi al primo posto. Segue Milano con un patrimonio immobiliare stimato di 7 mld, Venezia con 6 mld e Firenze con 3,4 mld.
Spostandoci sul cluster mare, nella sua totalità esso ha un valore pari a 17,7 mld, in lieve diminuzione rispetto al 2020 (-5,3%). Tra le località di mare analizzate è la Campania a posizionarsi al primo posto della Top 10 del cluster per le strutture ricettive 4 e 5 stelle.
Infine, focalizzandoci sul cluster montagna, tale segmento registra un valore totale pari a 3 mld €, in forte diminuzione rispetto al periodo pre pandemica (-19% si tratta del cluster che più ha sofferto le chiusure imposte dalle disposizioni normative, prevalentemente concentrate nei periodi in cui tale prodotto ricettivo sarebbe stato maggiormente richiesto).
Per quanto riguarda invece le nuove aperture, l’interesse nel comparto alberghiero italiano resta molto alto. La strategia adottata dagli investitori è quella di approfittare di questo periodo di transizione per ristrutturare e rinnovare le strutture esistenti e creare nuovi prodotti. Al momento sono in corso 819 attività di ristrutturazione e nuova costruzione, di cui il 65% sarà ultimato entro la fine del 2022. Di queste attività il 71% è costituita da attività di nuova costruzione.
“Gli incentivi governativi, la voglia di riguadagnare terreno degli albergatori sommata alla domanda ricettiva in ripresa sta rimettendo le basi per un comparto in ascesa e solido – sottolinea Mattia Danese, Head of Hospitality di WCG – World Capital Group – L’interesse per questa asset class continua a persistere, a confermarlo le nuove aperture in pipeline previste per i prossimi mesi, come per esempio la famosa catena alberghiera Six Senses, che farà il suo debutto in Italia il prossimo autunno, precisamente a Roma”.
“Stiamo uscendo da due anni di pandemia e la guerra in Ucraina sta complicando le cose, ma il mercato immobiliare alberghiero sta tenendo soprattutto in alcune importanti città come Milano e Venezia e famose destinazioni turistiche come Cortina, la Toscana e la Puglia – commenta Giorgio Bianchi, Managing Director | Head of Italy di PKF hospitality group – c’è un interesse forte del mercato verso destinazioni che un tempo erano considerate secondarie e che adesso vengono chiamate ‘alternative’ come Trieste, Genova e Bari”.
“Siamo davanti ad una tiepida ripresa – commenta Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Roma – A febbraio speravamo di uscirne prima da questa lunghissima crisi, ma i venti di guerra hanno gelato gli entusiasmi, mai come ora purtroppo crediamo che l’orizzonte della ripresa vera, quindi il ritorno ai fatturati 2019, non potrà avvenire prima del 2024. Ci aspettano ancora anni difficili e probabilmente senza nessun aiuto di Stato”,