Assaeroporti scrive al Parlamento e al Governo chiedendo di “abbassare l’imposta su tutti gli scali a 2,5 euro, destinando 1,5 euro al Fondo del Trasporto Aereo e 1 euro ai Comuni aeroportuali”. L’associazione spiega che i passeggeri in partenza dagli aeroporti italiani pagano una tassa che varia, a seconda della città, tra i 6,5 e i 9 euro, direttamente caricata sul costo del biglietto aereo. Si tratta della cosiddetta “addizionale comunale sui diritti di imbarco, una imposta che non solo rischia di aggravare il fenomeno del caro voli e di deprimere il mercato, ma è oggi di fatto estranea rispetto agli obiettivi della norma originaria”.
Negli anni, “provvedimenti poco chiari e contraddittori ne hanno incrementato l’importo, a danno della connettività dei territori, destinando gran parte del gettito a finalità non attinenti al trasporto aereo, come ad esempio i 3,5 euro versati genericamente all’Inps”, sottolinea Assaeroporti.
Sporadiche iniziative, invece, hanno “per brevi periodi abolito l’addizionale comunale su alcuni scali”, spiega ancora l’Associazione, chiedendo quindi “di mettere ordine alla materia, rivedendo urgentemente l’intero quadro normativo e puntando ad una progressiva riduzione dell’imposta su tutti gli scali italiani, a partire da quelli più piccoli”.
La proposta di Assaeroporti di ridurre l’onere a carico delle compagnie aeree, e quindi dei passeggeri, “favorirebbe la connettività aerea e la competitività del sistema aeroportuale nazionale”, spiega l’Associazione, mentre al tempo stesso, mantenere le quote destinate al Fondo del Trasporto Aereo e ai Comuni aeroportuali significa continuare a garantire stabilità al comparto, tutelando i lavoratori, e risorse congrue alle amministrazioni locali, con un gettito interamente destinato al settore.
Un approfondimento sull’addizionale comunale, tassa che da anni viene osteggiata da Ryanair, era stato fatto in questa news.