Per risolvere il contenzioso sui canoni demaniali Assomarinas ha deciso di scrivere al premier Matteo Renzi, e ai ministri dei Trasporti, dell’Economia e del Turismo, Delrio, Padoan e Franceschini. “Per mettere i porti turistici in condizione di competere sul mercato globale – sottolinea il presidente di Assomarinas Roberto Perocchio – è necessario innanzitutto agevolare gli investimenti. Purtroppo non sembra andare in questa direzione la legge 296/2006, che ha ritoccato retroattivamente l’aumento dei canoni demaniali e contro la quale Assomarinas ha ritenuto indispensabile ricorrere alla Corte costituzionale e scrivere ai Ministri competenti. L’applicazione di tali aumenti anche alle concessioni demaniali già rilasciate, comprometterebbe l’equilibrio economico della gestione di molti porti turistici e allontanerebbe possibili futuri investitori.
In particolare l’aspetto che la normativa non distingua tra chi abbia realizzato le strutture portuali con cospicui investimenti e chi abbia ottenuto la semplice gestione di una struttura già esistente viola l’art 3 della Costituzione comportando l’applicazione di uno stesso canone a realtà del tutto differenti.
La previsione dell’aumento anche alle concessioni in essere viola, inoltre, il principio generale per cui il concessionario deve essere tenuto indenne,per tutta la durata della concessione, dal “rischio regolatorio” per cui si rende illegittima ogni modifica dei termini della concessione che non sia determinata da circostanze eccezionali ed imprevedibili.
Dal momento che la disposizione, così come strutturata, determinerebbe l’eliminazione dei benefici connessi alle norme di semplificazione amministrativa e la paralisi degli investimenti già previsti per la riqualificazione, la ristrutturazione e la promozione dei nostri marinas, abbiamo presentato – conclude Perocchio – un emendamento al sottosegretario del mnistero dell’Economia e delle Finanze Baretta affinché si intervenga in fase di redazione della Legge di Stabilità per risolvere una situazione anomala ed ingiusta che rischia di compromettere l’affidabilità dei rapporti tra Stato ed investitori privati”.