I proprietari dei beni culturali privati in Italia non riescono più a investire nella manutenzione ordinaria delle loro case, castelli e tenute. Un patrimonio, che costituisce circa il 17% del totale del Paese e che, prima della pandemia, accoglieva 45 milioni di visitatori l’anno (contro i 49 milioni dei musei pubblici) nelle sue oltre 9400 dimore aperte.
A lanciare l’allarme è iI II Rapporto dell’Osservatorio del Patrimonio culturale privato, promosso dall’Associazione Dimore Storiche Italiane, Confagricoltura e Confedilizia e realizzato dalla Fondazione Bruno Visentini, da cui emerge in particolare che il crollo verticale delle spese di manutenzione ordinaria è passato da 1,5 miliardi di euro nel 2017 a 1,3 miliardi nel 2021. Numeri allarmanti, dovuti alla crisi, alla pandemia, alla impossibilità dei privati di sostenere le spese, ma che in ogni caso incidono sulla garanzia di conservazione per le prossime generazioni e sull’occupazione. Dall’altra parte, circa il 38% delle imprese specializzate dichiara invece di trovare difficoltà nel reperire restauratori o artigiani con adeguato livello di conoscenza della materia. “Eppure, cosa è stato fatto in questi due anni di pandemia? Nulla. E cosa sarebbero Pienza o Piazza Navona senza i loro palazzi storici?”, si domanda il presidente Adsi Giacomo Di Thiene, che ricorda anche che “ogni euro investito nelle dimore storiche determina benefici più che doppi per l’economia del territorio dove sorgono”.