È stato un fulmine a costringere al tragico atterraggio di emergenza il Superjet-100 che si è incendiato domenica scorsa all’aeroporto Sheremetyevo di Mosca, uccidendo 41 delle 78 persone a bordo: a raccontarlo è il comandante, Denis Evdokimov, secondo cui la saetta avrebbe colpito l’aereo interrompendo le comunicazioni radio e attivando il regime di pilotaggio manuale. Anche alcuni passeggeri e una hostess parlano di un fulmine nelle loro testimonianze.
Ma a trasformare in una palla di fuoco il mezzo dell’Aeroflot pare sia stato il violento impatto col suolo al momento dell’atterraggio di emergenza, effettuato coi serbatoi pieni di carburante. I corpi senza vita delle 41 vittime sono stati recuperati. Tra loro ci sono almeno due bambini. I feriti sono nove, tre dei quali in “condizioni critiche”.
Il bilancio sarebbe stato però ancora più grave senza il coraggioso intervento del personale di volo: professionisti come lo steward Maksim Moiseyev, morto a 22 anni cercando fino all’ultimo di mettere in salvo quanta più gente possibile, e la hostess Tatyana Kasatkina, che racconta di aver “spinto i passeggeri giù dallo scivolo gonfiabile” per accelerare l’evacuazione. Secondo Aeroflot, i sopravvissuti avrebbero lasciato l’aeromobile in appena 55 secondi, molto meno dei “90 secondi di norma”. Ma c’è chi denuncia che l’evacuazione sia stata rallentata da alcuni passeggeri che prendevano i loro bagagli dalle cappelliere.
La dinamica dell’incidente non è ancora del tutto chiara e restano al momento ignote le esatte cause della sciagura. Gli investigatori non hanno commentato l’ipotesi del fulmine. “Siamo partiti e siamo entrati in un banco di nubi, c’è stata una fortissima grandinata, abbiamo sentito un botto e abbiamo visto un bagliore, come d’elettricità”, ricorda la hostess Tatyana Kasatkina. Gli aerei moderni sono però realizzati per resistere ai fulmini. L’Aeroflot si limita a dichiarare che non meglio precisati “motivi tecnici” hanno costretto il Superjet-100 all’atterraggio d’emergenza all’aeroporto Sheremetyevo di Mosca, da cui era decollato circa mezzora prima diretto a Murmansk.
Gli investigatori per ora non si sbilanciano. Fanno sapere di valutare varie ipotesi: l’errore umano, il guasto e il maltempo. Entrambe le scatole nere sono state recuperate. Saranno forse queste ad aiutare a far luce sulla sciagura. Le autorità di Mosca assicurano però che non c’è ragione per mettere a terra i Superjet-100, aerei della Sukhoi e quindi Made in Russia.
Eppure il disastro di Mosca è solo l’ultima (seria) grana per il progetto Sukhoi Superjet 100, nato agli inizi del nuovo millennio per rilanciare l’industria aeronautica civile russa. L’SSJ-100 è infatti il primo velivolo sviluppato in casa dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991 ed era stato ideato espressamente per l’export, per competere nel mercato del breve e medio raggio.
Stando a quanto ricostruito da The Bell, nel 2005 la Sukhoi Civil Aircraft contava 800 ordini fino al 2024: 300 per il mercato russo e 500 per clienti stranieri. Ma ad oggi sono stati prodotti solo 186 aeroplani di cui quasi un terzo in forze all’Aeroflot e venduti “in condizioni non di mercato”. Ovvero con “sconti del 50%” e “sussidi governativi” per compensare le perdite quando gli aerei restano a terra a causa della manutenzione. L’unico acquirente europeo, l’irlandese CityJet, ha poi rifiutato i Superjet 100 all’inizio del 2019. La sola compagnia straniera che attualmente usa gli aerei è la messicana Interjet e non a caso l’aviolinea ha fatto sapere che seguirà “con attenzione” l’indagine sulle cause del disastro.