Lavorare sulla prevenzione e sulla dissuasione per evitare che “gli aeroporti diventino attrattivi per gli uccelli e, più in generale, per la fauna selvatica”. Questo è l’ingrediente necessario per minimizzare il rischio di un bird strike, l’impatto violento di un aereo con uno stormo di
uccelli. A parlarne, all’indomani dell’incidente di San Francesco al Campo, dove lo schianto di una Freccia Tricolore è costata la vita a una bimba di 5 anni, è Claudio Eminente, direttore centrale della programmazione economica e dello sviluppo delle infrastrutture dell’Enac e presidente del Bird Strike Commitee per l’Italia.
“Il fenomeno – spiega – purtroppo è conosciuto ed è accuratamente monitorato. Gli eventi catastrofici come quello successo sabato 16 settembre sono comunque estremamente rari”. Sono i gestori degli aeroporti e gli enti locali a dovere adottare gli accorgimenti indispensabili. I sistemi sono numerosi: a cominciare per esempio dai distress call, dispositivi che riproducono rumori in modo tale che gli animali recepiscano la zona come pericolosa.
Secondo l’ultima relazione annuale dell’Enac sui ‘Wildlife Strike’, gli impatti di aerei con animali selvatici, in maggior parte uccelli, ma anche mammiferi, sono stati 2.168 nel 2022, in gran parte nelle aree aeroportuali sotto i 300 piedi di altezza. In 1917 casi non ci sono state conseguenze specifiche mentre sono 40 gli impatti con danni, 121 quelli multipli e 103 quelli con ‘indigestione’, cioè con un animale finito nei motori.