“Finito il lockdown e l’emergenza, tutto questo periodo si chiuderà come una parentesi e tutto tornerà come prima o questo passaggio ci lascerà un segno permanente? Io credo nella seconda ipotesi”. A dirlo, il ministro di beni culturali culturali e turismo Dario Franceschini, intervenendo al Festival delle città 2020.
“Siamo sicuri – domanda il ministro – che il piacere del luogo affollato tornerà anche quando non avremo più il timore del contagio? Torneremo a darci la mano? Il dovere che abbiamo come governo – spiega – è prendere le parti migliori di questo periodo, ad esempio il comportamento che abbiamo avuto durante le vacanze. C’è stata – dice -una crescita enorme del turismo di montagna, dei luoghi naturali, dei borghi e dei cammini. Perché tornare indietro quando fino a gennaio scorso questi erano gli obbiettivi da raggiungere per liberare dal sovraffollamento le città d’arte? Quando il turismo tornerà imponente com’era a gennaio dovremmo esserci preparati a distribuire meglio quei numeri”, esorta.
“Altro tema – aggiunge – per il turismo, soprattutto quello internazionale, è l’adeguamento delle infrastrutture. Se arrivi dalla Cina e hai l’alta velocità da dentro l’aeroporto, andrai più volentieri a vedere i bronzi di Riace. In questo, il gap del nostro paese non è solo Nord Sud, ma anche Adriatico-Tirreno. Molte delle cose che abbiamo imparato in questo periodo devono diventare strategie per il futuro del Paese”.
“Mi fa molto piacere – spiega il ministro – vedere decisori politici che in questo difficile periodo” di emergenza e lockdown “si sono resi conto che investire in cultura e turismo è una priorità economica del paese. Abbiamo visto tutti cosa vuol dire città d’arte vuote, i cinema e i teatri chiusi, i concerti annullati. Si è capito cosa vuol dire investimento e difesa dei luoghi della cultura e del turismo. Temi ora in discussione anche nell’ambito del Recovery Fund”, perché, conclude, “investire in cultura non è solo un dovere costituzionale, ma un grande contributo alla ripartenza del paese”.