Giura sul suo “onore” di non avere mai ricevuto avvisi di garanzia. Né alcun altro tipo di contestazione in 30 anni di attività. Parla “da imprenditrice”, premette Daniela Santanché, minsitro del Turismo, che apre la sua informativa al Senato con una autodifesa tutta all’attacco. Delle pratiche “sporche e schifose” di certa stampa. Delle critiche “feroci”, che arrivano da chi “in privato, prenotava tavoli” nei suoi locali. Una vera e propria “campagna d’odio” cui lei ha deciso di porre fine presentandosi in Aula. Anche per evitare di trascinare con sé il governo, schierato in massa al suo fianco sui banchi del Senato.
Ma inevitabilmente il suo caso continuerà ad avere strascichi. Innanzitutto, il Movimento 5 Stelle ha presentanto la mozione di sfiducia nei suoi confronti (che il Pd, dopo qualche tentennamento, ha annunciato di essere pronto a votare). Ma anche perché, nonostante gli strali e l’indignazione, con tanto di richiesta a “tutti i colleghi” di una reazione per non lasciare passare “impunita” l’ “imboscata” del quotidiano Domani, che apre con il titolo “Santanché indagata dai pm”, l’iscrizione nel registro degli indagati c’è.
Una notizia che di fatto lei non smentisce – anche se dice di “non averla” ricevuta. Va quindi all’attacco del giornale e anche delle fonti della Procura che, poi in serata confermano che compare anche il suo nome nel registro degli indagati, come ha scritto il quotidiano, non più secretato come accaduto nei primi tre mesi dell’inchiesta. Giustizia a orologeria, si chiede di fatto Santanché, sottolineando il tempismo con cui la notizia viene confermata in una nota con la quale ammette anche che la sua richiesta di verifica dei carichi pendenti era partita a
dicembre 2022.
La Procura ha aperto un’indagine per bancarotta e falso in bilancio su Visibilia, il gruppo di società con cui la ministra, come dice lei stessa con un certo orgoglio in Aula, ha “scritto alcune pagine di successo”. Con gli eventi ma anche rivitalizzando “riviste che tutti – dice punzecchiando le opposizioni – più di una volta abbiamo sfogliato”. Non cita mai esplicitamente i due reati, pur entrando nel dettaglio delle vicende che hanno portato all’istanza di liquidazione giudiziale per le 4 società del gruppo, che sono tutte, sottolinea più volte, “in risanamento” anche grazie all’impegno di “tutto il mio patrimonio”.
Tutto regolare anche sul fondo Negma, “ho agito come qualsiasi imprenditore”, cercando liquidità. E le accuse mosse da un socio tutt’altro che “un piccolo risparmiatore in lotta contro il capitale” ma un finanziere su cui ci sono “registrazioni telefoniche” che ne dimostreranno “le reali intenzioni”. Niente a che vedere, invece, con le vicende della Ki Group, di cui detiene una quota del 5% e che ha a che fare con il padre di suo figlio. Una versione contestata da alcune ex dipendenti, presenti in tribuna in Senato e citate poi da Giuseppe Conte. Se hanno ragione, affonda il leader M5S, allora “Santanché ha mentito al Senato”. Ribadendo la richiesta di dimissioni che anche Elly Schlein, alla fine, si dice pronta a votare.