lunedì, 23 Dicembre 2024

Irregolarità in parchi e piscine: associazione categoria si dissocia

Acque delle piscine provenienti da pozzi artesiani non potabili, presenza di batteri oltre i limiti consentiti, escherichia coli e microbi che generano infezioni. Da Catania a Parma, i blitz dei carabinieri dei Nas nei parchi acquatici e nelle piscine hanno svelato irregolarità nel 28% dei casi su un totale di 288 controlli. In 83 strutture le verifiche hanno portato alla contestazione di 108 sanzioni penali ed amministrative per oltre 40 mila euro. E in dieci casi è stata disposta la chiusura degli impianti, perché abusivi o a causa di “gravi criticità”.

Si tratta di impianti che valgono dalle centinaia di migliaia di euro a svariati milioni, alcuni appartenenti a dei privati, altri senza alcun rispetto di norme igieniche o senza autorizzazioni. Ad impressionare sono le quattro ispezioni nelle province di Messina, Viterbo e Latina, dove è stata accertata – scrivono i militari – “la inidoneità delle acque utilizzate negli impianti natatori e di divertimento, rilevando anche elevati contenuti di coliformi fecali e cariche batteriche, tali da rendere l’acqua pericolosa per la salute umana a causa di potenziale rischio di tossinfezioni”.

A Napoli, Reggio Calabria e Bari sono invece scattati i sigilli perché le piscine e i parchi, in realtà riconducibili a proprietà private o strutture ricettive, erano totalmente abusive e usate arbitrariamente come aree ricreative aperte al pubblico con ingresso a pagamento.

Durante le verifiche dei Nuclei Antisofisticazioni e Sanità dei carabinieri non sono mancate le violazioni alle normative di sicurezza sui luoghi di lavoro e di prevenzione ai rischi di utilizzo degli utenti, incluse le misure anti-Covid, come l’assenza di sanificazioni. Anche gli alimenti sono risultati ‘fuorilegge’. Nei punti ristoro all’interno delle strutture, sono stati sequestrati oltre 250 chili di cibo scaduto che veniva venduto e somministrato ai clienti, oltre alle carenze igieniche e strutturali degli ambienti di preparazione dei pasti, spesso con cucine rimediate in spazi ristretti, privi di ogni minimo requisito per garantire condizioni di funzionamento e manutenzione.

In merito alla notizia, però l’Associazione Parchi Permanenti Italiani, aderente a Confindustria, chiarisce che tra gli associati non ci sono parchi acquatici colpiti dalla disposizione. “In Italia – si legge in una nota dell’associazione – i parchi acquatici sono 100: la definizione di ‘parchi acquatici’ utilizzata da diversi organi di stampa non è precisa, perché i provvedimenti coinvolgono principalmente piscine di hotel o di circoli sportivi e, a quanto si apprende, nella maggior parte dei casi abusive, quindi al di fuori di qualsiasi controllo. I parchi acquatici che fanno capo a PPI sono invece costantemente assoggettati alle ispezioni della Commissione Provinciale di Controllo e ASL, che certificano l’effettiva applicazione di tutti i protocolli”.

“Tra i nostri associati – sottolinea Luciano Pareschi, presidente Associazione Parchi Permanenti Italiani – non ci sono stati problemi. Ben vengano i controlli che premiano chi ha investito in impianti di trattamento delle acque moderni e sicuri, doverosa quindi la verifica dei NAS e fondamentale la chiusura delle strutture non a norma, perché il discredito di chi non opera correttamente ricade sull’intera categoria. Auspichiamo che in futuro queste ispezioni vengano effettuate ad inizio stagione, in modo che i provvedimenti siano subito effettivi, scongiurando situazioni dannose per la salute degli ospiti ed evitando la concorrenza sleale che queste strutture provocano a danno di tutta la categoria”.

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