Turismo delle origini e pesca ittiturismo: l’edizione ventennale del Rapporto sul Turismo Italiano, coordinata da Cnr e Irss con il patrocinio del Mibact e Ciset Ca’ Foscari e considerata la ‘bibbia’ del turismo italiano, contiene nell’edizione 2015-2016, presentata ufficialmente nei giorni scorsi a Roma, due ricerche inedite che affondano le loro radici in Veneto.
È stata una start up nata in seno a Ciset, infatti, a dare il là alle ricerche sul ‘turismo delle origini’. Attualmente secondo il ministero degli Esteri sono 4,5 milioni gli italiani residenti all’estero iscritti all’AIRE, mentre l’intera comunità di oriundi, ossia di stranieri con origini italiane di seconda, terza o quarta generazione, conterebbe oltre 80 milioni di individui, che costituiscono il bacino di domanda da cui attingere i potenziali turisti delle origini. I principali mercati sono ovviamente i Paesi in cui si concentrano le “comunità” più vaste, quali Brasile (25 milioni), Argentina (20 milioni) e Usa (17 milioni), senza dimenticare l’Europa (in particolare Francia, Svizzera, Germania) e l’Australia.
Pur non potendo quantificare l’esatto numero di operatori specializzati nel turismo delle origini a livello internazionale, una ricerca online ha permesso di evidenziare che il panorama è piuttosto ricco, soprattutto su quei Paesi interessati nei secoli da fenomeni migratori: è il caso dell’Irlanda e della Scozia, anche se non mancano operatori che supportano la ricerca delle origini in Spagna, Paesi dell’Est Europa e Balcani. In Italia solo negli ultimi due anni alcuni operatori turistici hanno iniziato a intuire l’enorme potenziale di questo prodotto, con esperienze per lo più limitate ad alcune agenzie di viaggi e tour operator incoming.
Dall’altro lato, il pescaturismo e l’ittiturismo sono considerati due importanti opportunità, fortemente promosse anche dalla Commissione Europea, a sostegno del settore della pesca.
Secondo le stime, il numero di fruitori potenzialmente attivabili dall’offerta di pesca-ittiturismo
lungo la costa veneziana, ovvero un’escursione in barca o una cena in un locale tipico di pescatori, riguarda 110.000 clienti, di cui 94.000 residenti (87%) e 14.000 turisti (13%).
Attraverso l’elaborazione di tre scenari – uno di breve (2016), uno di medio (2018) e uno di lungo periodo (2020) – è emersa una possibile evoluzione dell’offerta di pescaturismo, con verosimile crescita del numero di pescatori praticanti e delle escursioni organizzate. Esiste, quindi, un bacino di domanda più che sufficiente a garantire un adeguato ricavato per gli imprenditori, ma anche la possibilità di contare su un fatturato annuo compreso tra i 24 mila e i 36 mila euro.
Si stima quindi che la spesa sostenuta dai fruitori per le escursioni di pescaturismo e altre attività ricreative sul territorio possa ammontare a circa 360mila euro nel breve periodo, per poi salire a 2,2 milioni di euro nel 2020, grazie a un maggior coinvolgimento dei turisti oltre che dei soli residenti.
L’effetto nel territorio è maggiormente visibile nel lungo periodo quando aumenta la quota dei turisti sul totale della domanda. La destinazione può così beneficiare di un possibile allungamento della permanenza media (una notte) e, di conseguenza, di una spesa aggiuntiva destinata non solo all’escursione di pescaturismo ma anche alla ricettività e ad altri servizi fruibili in loco offerti da altri operatori.