venerdì, 29 Marzo 2024

Alberghi, un libro per evitare gaffes con gli stranieri

Usi e costumi degli utenti per evitare imbarazzanti figure

Un libro insegna agli albergatori veneziani ad evitare fastidiose e imbarazzanti figuracce nei rapporti con la clientela straniera. Si tratta di un volumetto intitolato ”Sulle rotte d’Oriente”, voluto dall’Associazione
veneziana albergatori e realizzato da Giovanni Savini. Non alteratevi – consiglia l’autore, se un cinese si soffia il naso con le mani (il fazzoletto, in quel paese, è considerato antiigienico), né se un gruppo di giapponesi si mette a ridere mentre voi brindate col tradizionale ”cin cin”
(che nella loro lingua è l’appellativo scherzoso dell’organo
sessuale maschile); e non stupitevi se degli islamici si mettono a pregare e dei cinesi ammiccano con malignità durante un raduno di leghisti: per i primi, infatti, il verde è un colore sacro, mentre per i secondi testimonia la poca fedeltà della moglie. Sono solo alcuni esempi della varietà di condizionamenti culturali, grandi e piccoli, presenti nelle varie popolazioni mondiali. Quelle che per i più possono sembrare solo curiosità, però, diventano veri e propri problemi per chi con gli stranieri deve lavorare, in particolar modo, appunto, per albergatori e personale d’accoglienza. Nasce con questa consapevolezza il libretto che contiene indicazioni utili per rapportarsi nel modo giusto con chi viene da un’altra cultura e che verrà distribuito a tutti gli hotel della città. ”Per fornire un servizio di qualità – ha spiegato il direttore dell’Ava, Claudio Scarpa – è necessario abbandonare il concetto di albergo etnocentrico, nel quale a tutti i clienti viene fornito un servizio uguale e standardizzato sulla nostra cultura. Con l’apertura sempre maggiore dei mercati dell’est (un mercato di centinaia di milioni di potenziali clienti), dobbiamo saper entrare in rapporto con gli stranieri nel modo più corretto”. Scorrendo il libro, si scopre che l’usanza nostrana di attaccare post-it per ricordarsi le cose è poco gradita in Cina (dove gli oggetti difettosi sono segnalati proprio da etichette gialle); che non bisogna chiedere di pagare il conto di sabato ad un ebreo ortodosso (che in quel giorno non può toccare il danaro); che facendo trovare nella stanza dei fiori gialli, si corre il rischio di pericolosi fraintendimenti con armeni (per i quali tali fiori sono segno d’amore) o iraniani (simbolo di ostilità). E ancora, che non va mai scritto in rosso sul registro degli ospiti il nome dei coreani, perché presso di loro questo avviene sulle lapidi; niente stanze gialle per giapponesi e cinesi, perché il colore è segno di viltà. Molta attenzione va prestata anche ai numeri delle camere. Se tutti sanno che il 13 è mal visto in Italia, pochi collegano eguali conseguenze nefaste al 4 (come i cinesi, nei cui alberghi non esiste la corrispondente stanza) o al 9 (temuto dalla maggior parte degli orientali). Per i cinesi anche le combinazioni sono a rischio, tant’è vero che l’Alfa Romeo, anni fa, dovette cambiare il nome della 164 in 168 per commerciarla in oriente. Parlare può essere pericoloso: ad una persona di riguardo può capitare di essere chiamata da un giapponese con un termine che suona più o meno ”cacca” (vuol dire ”eccellenza”), mentre sono vietati i complimenti ai bambini cinesi, poiché riservati ai familiari. Ma anche esprimersi a gesti non aiuta: stringere la mano ad una donna musulmana è proibito, alzare il pollice in segno di ”ok” è un invito omosessuale in Turchia mentre esprimere lo stesso concetto unendo pollice ed indice è una volgare minaccia nei paesi slavi. E non ci si può neppure limitare a fare cenno di sì e no con la testa, perché per gli arabi vogliono dire l’esatto opposto. Chi pensa di risolvere tutto facendo servire gli stranieri da connazionali, è comunque nei guai: in Cina ci sono centinaia di dialetti ed è quindi difficile che due persone si capiscano, mentre potrebbe capitare di avere un cameriere indiano di casta più alta rispetto al cliente (tradizione abolita per legge ma ancora forte in alcune regioni). In questo caso, l’unica
possibilità – consiglia il libretto – è non farli incontrare.

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